mercoledì 31 luglio 2013

Il ministro Kyenge e l'idiozia manifesta del razzismo all'italiana

Chissà, magari è vero che il ministro Cécile Kyenge è solo una foglia di fico politicamente corretta, adottata da un governo politicamente molto scorretto. Ma di sicuro la sua nomina ha finalmente fatto vedere a tutti di che pasta sono fatti una bella fetta di italiani, vergognosamente e inspiegabilmente razzisti, malgrado siano una popolazione di bastardi nel senso letterale della parola, con pochi esempi simili nel mondo.
Non importa che la persona in questione sia colta, che parli un perfetto italiano (come non fanno la maggioranza degli italiani), che abbia la cittadinanza da una vita e che sia una professionista stimata. E' "negra" e come tale può essere insultata da gente come i leghisti, che hanno al massimo comprato un diploma di istituto tecnico dopo aver passato a fatica le scuole medie, e da una schiera di idioti che sui social network si sfogano non risparmiandoci perle da competizione, scrivendo in un italiano da prima elementare. 

martedì 30 luglio 2013

I campioni del Pd (5): Ginefra e la "voce dal sen fuggita"

Dario Ginefra è un po' come il milite ignoto giapponese (kikazzè). Un benemerito nessuno, fra i tanti piazzati in lista dal ras di turno del Partito Democratico e ai quali è stata garantita l'elezione in Parlamento non si sa bene in virtù di quale capacità o competenza. Se si cerca in rete risulta molto presente alla Camera, ma con un indice di produttività al di sotto della media
In compenso è un reginetto del gossip, perché sulle orme di Francesco Boccia e Nunzia Di Girolamo ha anche lui la sua bella compagna bipartisan, Laura Ravetto del Pdl. I particolari della love story sono indimenticabili: i due si sono conosciuti a una riunione della lobby di Enrico Letta, VeDrò, ed è lì che fra una partita di Subbuteo e uno sbadiglio è nato il grande amore. 
Lui l'ha "domata", ma adesso gli tocca cucinare. Gente che fa la felicità dei rotocalchi da saletta d'attesa di parrucchiere, più che essere candidati a governare il paese.

lunedì 29 luglio 2013

Silvio spera in un cavillo per sfangarla ancora una volta. Scommettiamo che ce la fa?

Una cosa è certa. Silvio ci spera che domani (o comunque nei prossimi giorni) salti fuori un cavillo, un garbuglio, un vizio di forma che consenta alla Corte di Cassazione di ribaltare, rinviare o sottoporre a un nuovo processo la condanna nei suoi confronti per la vicenda dei diritti tv di Mediaset. E' noto a tutti (ma molti fanno finta di niente) che la Cassazione quasi mai cancella una sentenza che nei due gradi di giudizio è stata la stessa. Ma come ai tempi dell'ammazzasentenze Corrado Carnevale, che solo sulla base di virtuali errori formali cancellava con un colpo di spugna tutte le sentenze nei confronti dei boss mafiosi (il magistrato fu prima condannato e poi assolto per insufficienza di prove per concorso esterno in associazione mafiosa), una via di uscita c'è sempre, magari tirando il pallone in tribuna e chiedendo il rinvio con una rinuncia strategica alla prescrizione.

sabato 27 luglio 2013

Pd verso il congresso, una saga avvincente come una fiction su Padre Pio

Avvincente come una fiction su Padre Pio, va in onda sui mezzi di comunicazione italiani lo psicodramma a puntate del Pd, partito allo sbando che invece di sciogliersi immediatamente per non provocare altri danni, si arrovella per la scelta del futuro segretario, che non si sa se sarà anche il futuro candidato (perdente) a premier. 
In corsa c'è Matteo "Fonzie" Renzi, l'uomo che vorrebbero vedere volentieri alla guida del partito tutti quelli che hanno votato per Berlusconi (Berlusconi compreso). Il sindaco di Firenze, grande sostenitore di imprenditori fallimentari come Marchionne e studiosi del diritto del lavoro sotto acido, come Elsa Fornero, non si capisce cosa abbia di sinistra, però è ggggiovane e rappresentanta il "Nuovo". 
E già qui siamo messi bene.

giovedì 25 luglio 2013

A Bergoglio piacciono i narcos, la Dea e i cartelli ringraziano

I narcos latinoamericani che uccidono più della peste e l'antidroga statunitense che ha speso oltre mille miliardi di dollari negli ultimi 40 anni senza alcun risultato da oggi possono contare su un alleato in più, il papa pampero Josè Bergoglio. Il Pontefice si è espresso molto chiaramente contro la liberalizzazione delle droghe in un discorso zeppo di retorica pronunciato ai tossici di Rio (gente che ancora si fa respirando la calce, perché i soldi per comprarsi la coca o l'eroina non ce li ha e che quindi della liberalizzazione se ne frega altamente) e il significato delle sue affermazioni, in quel Continente soprattutto, assume un significato sfacciatamente politico.
Dopo decenni di pugno di ferro imposto ai governi di quasi tutti gli Stati, che Washington controllava più o meno direttamente, il vento è cambiato. Quasi tutti i paesi del Centro e Sudamerica oggi hanno amministrazioni di sinistra e spesso al governo, come in Brasile o Nicaragua, si trova gente che ha combattuto contro militari al soldo della CIA. Il proibizionismo imposto dallo zio Sam, che per ironia della sorte rappresenta il primo mercato mondiale per gli stupefacenti, è stato ampiamente messo in discussione perfino in Guatemala, dove il presidente è ancora sostenuto dagli Usa.

mercoledì 24 luglio 2013

Il papa in Brasile: lo stato spende, la Chiesa incassa, la polizia picchia

Meraviglie del nuovo papa Francesco, che predica contro l'idolatria del denaro, gira con il bagaglio a mano e a bordo di una utilitaria in un paese che non potrebbe permettersi di spendere così tanti soldi per la sua visita. Le casse pubbliche brasiliane hanno speso 118 milioni di real (circa 40 milioni di euro) per la kermesse, una cifra che consentirebbe la realizzazione di 2.360 case popolari, al costo di 50 mila reale ognuna. Non solo, nel caso di 450 mila adesioni (e le stime parlano di circa 800 mila partecipanti), la Chiesa incasserà almeno 140 milioni di real dagli show di papa Bergoglio. 
Non ci crederete, ma lì la gente si è un po' risentita e ha manifestato anche in modo violento davanti alla sede del governo di Rio dopo l'incontro fra Francesco e la presidente Dilma Roussef. La polizia ha picchiato, infiltrato agenti, provocato scontri ed effettuato arresti di massa. 
Intanto il Papa parlava di quanto è buono Gesù.

Marchionne, quando il padrone parla di "regole certe" e perchè le vuole aggirare

"Prima di avviare qualunque altra iniziativa in Italia, abbiamo bisogno di poter contare sulla certezza di gestione e su un quadro normativo chiaro ed affidabile". Sibillina dichiarazione quella del manager col maglioncio, che all'indomani della sentenza della Corte Costituzionale sul contenzioso giudizario con la Fiom aveva pronunciato queste parole, accolte come un vaticinio da parte della stampa (controllata) e dai politici come Piero Fassino, controllato anche lui.
Sergio Marchionne voleva "regole certe"? Eccolo accontentato. La Consulta ha pubblicato le motivazioni della sentenza e ha scritto chiaro e tondo che il trucchetto di affidarsi allo Statuto dei lavoratori per impedire la rappresentanza sindacale alle sigle che non hanno firmato gli accordi interni non vale e ha dichiarato incostituzionale l'articolo dello Statuto del 1970 che consentiva l'esclusione. Insomma, forse non se lo erano mai sentito dire prima dalle parti del Lingotto, ma in Italia bisognerebbe rispettare la Costituzione, prima di blaterare qualsiasi scemenza sulle ragioni del mercato.
Marchionne non è però il tipo a cui piace essere contraddetto. E di fronte a una inequivocabile sentenza ha minacciato di trasferire la sede della Fiat in Olanda. Chissà perché questa scelta, forse perché in quel paese la rappresentanza sindacale è bassa, ma gli stipendi sono almeno del 30% superiori ai nostri, i contratti blindatissimi (quelli a tempo determinato non sono quasi mai inferiori a un anno), le garanzie sociali altissime, un salario garantito minimo che viene indicizzato due volte l'anno. Ma soprattutto, lì nei Paesi Bassi la gente come il manager Fiat la stangano di tasse senza pietà (l'aliquota sulle persone fisiche arriva al 52% superata la certo non principesca soglia dei 54 mila euro l'anno).
Invece Marchionne, che con oltre 7 milioni di euro di stipendio annuo è il secondo manager italiano più pagato, risiede - indovinate un po' - in Svizzera, dove ovviamente la tassazione è molto più favorevole. 
Anche lì però c'ha i suoi problemi contrattuali. 
Nel 2006 è stato denunciato dal sindacato svizzero UNIA per l'assunzione illegale di giardinieri italiani pagati un terzo del salario minimo nella sua villa di Blonay. 
Lui, originalissimo, ha detto che tutto è avvenuto a sua insaputa. 

martedì 23 luglio 2013

Gli intellettuali della destra: Veneziani confonde la "dolce vita" con evasione fiscale e prostituzione

Gli intellettuali della destra sono sempre molto avanti. Per anni il Msi poteva vantare più o meno solo Lando Buzzanca (che era peraltro simpatico e come attore avrebbe meritato di meglio delle solite commedie pecorecce). I pochi che avevano davvero una testa pensante da quel partito furono espulsi. An invece aveva puntato tutto su Luca Barbareschi, che però ha preferito tornare all'ovile di Silvio banana
Sul campo restano pochi residuati del tempo che fu. Uno di loro è Marcello Veneziani, piazzato nel Consiglio di amministrazione della Rai dal centrodestra negli anni fra il 2001 e il 2006 e poi scomparso nel nulla, salvo mantenere un ruolo di editorialista per il giornale intestato al fratello del Caimano.
Oggi questo fine pensatore ci regala una perla di grande saggezza. Si scaglia contro la "sinistra arcigna e punitiva" (e già qui ci fa scappare un sacco da ridere), che avrebbe messo fuorilegge la "dolce vita" dei suoi idoli di sempre: Berlusconi, Briatore, Dolce & Gabbana, Fabrizio Corona, Lele Mora, perfino la Minetti e le Olgettine, autentiche icone del pensiero di destra. Non evasori fiscali, prostitute e sfruttatori di prostitute, corrotti e corruttori, per carità, ma baluardi del libero arbitrio, ingiustamente condannati dal  "moralismo fiscale, giudiziario e proibizionista". Tutto per difendere chi gli paga lo stipendio.
Aridatece Lando Buzzanca.

I campioni del Pd (4): Esposito, l'uomo con la Tav in testa

I parlamentari del Pd che esprimono dubbi sulla gestione del Kazakistan? "Dei fighetti". I manifestanti anti-Tav? "Delinquenti da reprimere senza esitazione alcuna", "mafiosi". La ragazza a cui i poliziotti hanno spaccato un labbro e l'hanno molestata toccandola nelle parti intime? "Giustamente manganellata" e bugiarda. 
E' un fiume in piena uno dei campioncini del Pd piemontese (quello dei Fassino e dei Chiamparino, amici della Fiat e con la vocazione a fare i banchieri, salvo figuracce epocali al telefono), tale Stefano Esposito, impiegato del pubblico impiego con un diploma di istituto magistrale (un curriculum d'eccezione), assurto alla ribalta della politica come lobbista a favore del progetto Tav per conto del Partito Democratico, che dal 2008 - grazie al Porcellum - ha potuto farlo eleggere senza che la gente sapesse nemmeno chi è. 
La sua attività parlamentare è assolutamente nulla, passando tutto il giorno su Twitter a difendersi dagli insulti dei poveri elettori del suo partito, sempre più sconvolti dallo spessore dei suoi personaggi. La tratta ferroviaria Torino-Lione è la sua ossessione, al punto da mettere sullo stesso piano i black-bloc e i valligiani della Susa, che magari qualche ragione ad essere contrari a questa enorme stronzata priva di qualsiasi utilità economica ce l'hanno. Eroicamente si schiera con la polizia, messa a guardia di un cantiere inesistente, che sfoga la propria umiliazione spaccando qualche testa. Tutto per poter spendere a favore delle aziende amiche, come la CMC di Ravenna, quei 21 miliardi di euro pubblici che ci costerà la grande impresa.
Il campione del Pd non arretra neppure un metro e invoca leggi speciali, carcere duro e fa i nomi di chi vorrebbe vedere in galera, in preda a un delirio crescente che lo rende una delle tante macchiette sul web. Una di quelle facce per colpa delle quali la destra in Italia governerà a vita.

lunedì 22 luglio 2013

Bonino, il cinismo mestierante dell'ex radicale che non vuole disturbare gli affari in Kazakistan

"La Farnesina sta cercando soluzioni al caso Shalabayeva che non indeboliscano la posizione italiana in Kazakistan e che possano dare adito a misure di rappresaglia da parte del governo di Nursultan Nazarbayev". C'è tutto il cinismo mestierante della peggiore politica in questa dichiarazione del ministro degli Esteri, Emma Bonino, che dopo aver inanellato una serie di figure incredibili, oggi a Bruxelles ha avuto la faccia di dire tutta la verità (chissà se volontariamente, o con lo sprezzo tipico di chi sa che non pagherà mai le conseguenze della sua incapacità).
Di Alma Shalabayeva e della figlia di sei anni, deportate ingiustamente con la complicità dei vertici della Polizia italiana e degli amici di Silvio Berlusconi, non frega niente a nessuno. Non al Pdl, il cui proprietario sverna spesso in Kazakistan, dove trova materia prima per i suoi pigiama-party stile bunga-bunga, ma neanche agli altri, visto che di affari, in quel paese giudicato da tutta la comunità internazionale alla stessa stregua di una dittatura, ne fanno in molti.
"L’Italia rimane una delle principali fonti di investimenti diretti in Kazakistan e molte imprese italiane, nonostante gli effetti della crisi finanziaria globale, rimangono attive nei settori delle costruzioni, amministrazione di proprietà, materiali da costruzione, moda e alcool". A scriverlo, in un cablo rivelato da WikiLeaks, è l'ambasciata americana ad Astana, che nel 2009, in pieno governo del Caimano, desciveva così i legami fra i due paesi. Il bello, tanto per zittire subito coloro che pensano che in tutto questo ci guadagniamo qualcosa, è che ''le imprese italiane del settore delle costruzioni lamentano le pressioni e i ritardi nei pagamenti da parte delle autorità locali e centrali, mentre gli esportatori di moda e vino lamentano che gli utili sono principalmente incamerati dalle dogane e dai dettaglianti locali". 
Ovvero i soldi italiani finiscono nelle tasche del dittatore.
Gli affari con Nazarbayev sono iniziati subito dopo la dissoluzione del blocco comunista, nel 1992, ma con l'avvento al potere di Silvio, si sono moltiplicati. L'Italia rappresenta da vent’anni un partner privilegiato, specie da quando all’Eni fu affidato il più grande giacimento di idrocarburi scoperto da un trentennio.
Ma dopo i "pionieri" Eni sono arrivate una cinquantina di medie imprese, soprattutto di palazzinari e cementificatori, come Salini-Todini (società della ex parlamentare europea di Forza Italia Luisa Todini), Impregilo (proprio di recente finita nel mirino dei magistrati per i loschi affari a Panama insieme agli amici di Silvio), Italcementi, o quei geni dell'Unicredit,che hanno comprato una banca kazaka perdendo gran parte degli 1,5 miliardi spesi (gentilmente restituiti poi dai contribuenti italiani).
Non è l'Italia a guadagnarci dal business kazako. Sono solo gli amici degli amici, congregazione della quale la Bonino fa parte da ormai molto tempo, da quel lontano 1994 quando il Partito Radicale decise di cancellare la propria storia finendo sul libro paga di Arcore. 

sabato 20 luglio 2013

Il Kazakistan, la polizia e i figli d'arte che fanno carriera

L'uomo che ha svolto un ruolo chiave nella deportazione immediata di Alma Shalabayeva e della figlia di sei anni è un figlio d'arte. Il padre, Umberto Improta, è stato il chiacchieratissimo prefetto di Napoli e ancora prima responsabile dell'ufficio "politico" della stessa citta' e dell'Ucigos, l'ufficio centrale della polizia italiana che con la scusa della lotta al terrorismo perseguitò e torturò anche un sacco di gente che non c'entrava un tubo. Antesignano degli interrogatori Cia a Guantanamo, Improta era a capo di una squadraccia detta "Ave maria" che si occupava di torturare i detenuti politici della quale faceva parte anche un certo Salvatore Genova, che poi confessò tutto: uso massiccio di "waterboarding" e tortura dell'acqua, ma anche violenza sessuale, pestaggi e abusi psicologici, oltre alle normali tecniche di interrogatorio. 
Oggi c'è il figlio Maurizio, che come racconta il Fatto Quotidiano è a capo dell’ufficio stranieri della Questura di Roma. E' il suo ufficio ad eseguire il decreto firmato dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro – che, raccontano diverse fonti, ha uno stretto rapporto di amicizia con Improta – a tempo record, permettendo l’uso inconsueto di un volo appositamente affittato dall’ambasciata del Kazakistan.
Usi obbedir tacendo (anche se quello è il motto dei carabinieri) , questi presunti "servitori" dello Stato vengono ricompensati. Il figlio d'arte, infatti, sta per lasciare il posto dopo una promozione last minute. Solo un mese dopo il caso Shalabayeva, il dirigente che ha gestito il rimpatrio della famiglia kazaka ha saltato qualche decina di posizioni nella graduatoria delle promozioni annuali nella Polizia di Stato, preparandosi ad affrontare nei prossimi giorni il corso per super dirigente, una strada spianata verso la promozione ai vertici dell’amministrazione dell’interno.
Meraviglie dell'obbedienza. 

venerdì 19 luglio 2013

Il prelato allo Ior con la passione per le Guardie Svizzere, scoperto il primo bluff di Bergoglio

Papa Francesco esalta gli animi dei cattolici? La domanda è d'obbligo, perché chi diamine li capisce i cattolici. Come tutti coloro che precipitano nell'abisso della fede, che non ammette spiegazioni ma solo cieca obbedienza, paiono sempre parecchio disinformati anche sulle cose di casa loro. Poi naturalmente c'è la scandalosa stampa italiana, che si beve qualunque stronzata provenga dal Vaticano, con autorevoli firme che lodano l'atteggiamento rivoluzionario del nuovo pontefice argentino. Salvo poi fare qualche piccola marcia indietro, quando quest'ultimo va a Lampedusa e dice, signora mia, che bisognerebbe accogliere i poveri immigrati, manco fosse un esponente dei centri sociali.
Il primo bluff del Pampa è però subito venuto alla luce. Bergoglio ha chiamato a ricoprire le funzioni di prelato dello IOR, la chiacchieratissima banca vaticana, un uomo davvero degno della sua fiducia, monsignor Battista Ricca, un tipino davvero a modo che quando era in Urugay provocò un mezzo scandalo perchè era andato a vivere insieme con una guardia svizzera. Non solo, un giorno, recatosi come già altre volte in un locale di incontri tra omosessuali, fu picchiato e dovette chiamare in aiuto dei sacerdoti per essere riportato in nunziatura, con il volto tumefatto. Nell'agosto dello stesso 2001, manco fosse un film di Alvaro Vitali, ''in piena notte l'ascensore della nunziatura si bloccò e di prima mattina dovettero accorrere i pompieri. I quali trovarono imprigionato nella cabina, assieme a monsignor Ricca, un giovane''.
L'uomo giusto al punto giusto, si direbbe. E mentre l'Espresso pubblica tutta la storia dell'ineffabile monsignore, dal Vaticano fanno trapelare la velina che sottolinea come "Papa Francesco, pur a conoscenza delle accuse mosse al suo collaboratore ed avendo avuto modo di verificare se fossero consistenti o meno, ha deciso di lasciarlo al suo posto e sembra difficile che lo avrebbe fatto se ritenesse fondate le accuse di immoralità".
Una doppia morale, per uno che ha definito l'omosessualità opera del diavolo. Ma era difficile immaginare il contrario.

Dolce & Gabbana, gli evasori fiscali fanno pure gli indignati

Sono il simbolo del "sogno italiano". In un paese che fa dell'omofobia un segno distintivo (basta parlare di matrimoni fra gay e si schierano subito le truppe cammellate del Vaticano e dell'estrema destra), una coppia di magliari e mutandari omosessuali sono diventati vergognosamente ricchi vendendo a prezzi sconcertanti capi di abbigliamento cuciti in chissà quale stabilimento del terzo mondo, come in Turchia e Bangladesh. Grazie alla pubblicità offerta da fini intellettuali come Madonna, o magari Nicole Minetti, e ai loro spot sessualmente al limite dell'esplicito, Dolce & Gabbana sono diventati un "must" per chi vuole assomigliare a Freddie Mercury. Col rischio però dell'epic-fail se non si ha il fisico degli indossatori iperpalestrati.
Tipicamente italiani anche nel modo di fare, sono naturalmente sostenitori di Silvio Berlusconi, con il quale condividono la passione per l'evasione fiscale. Sono stati condannati a un anno e otto mesi per aver evaso 200 milioni di euro, una cifra vergognosa, che in un paese normale sarebbe costata loro il carcere, ma come il loro mentore fanno la parte degli "indignati" con il Comune di Milano, solo perché un assessore ha ricordato come si tratti di due volgari evasori. Per protesta chiuderanno i loro negozi di via della Spiga e Corso Venezia a Milano. 
Immaginiamo la disperazione dei milanesi che hanno difficoltà ad arrivare alla fine del mese.

giovedì 18 luglio 2013

L'eterno "soccorso rosso": il Pd digerisce anche Alfano

"Domani votiamo no alla richiesta di sfiducia nei confronti del ministro dell'Interno, Angelino Alfano e lo faremo con una dichiarazione motivata da parte del capogruppo al Senato. Il nostro è un voto che parla da solo". 
Guglielmo Epifani, ex socialista craxiano riciclatosi grazie alla Cgil, ha ragione. Il voto con cui il gruppo del Pd al Senato ha confermato l'intenzione di salvare il segretario del Pdl, ministro dell'Interno e vice presidente del Consiglio che ha esposto l'Italia a una ignobile figuraccia a livello mondiale, parla davvero da solo. Racconta di un partito allo sbando, succube di ogni esternazione di un ottuagenario invecchiato male e preda dei tatticismi che lo hanno portato a inanellare una sconfitta dopo l'altra. Qualcuno ne invochi l'eutanasia, subito.
Sipario.

Razza padrona e capitalismo all'italiana, il fulgido esempio di Ligresti e Tronchetti Provera

Se gli amministratori pubblici rubano, gli imprenditori privati fanno di peggio. Perché per rubare sono costretti anche a corrompere gli amministratori pubblici. Tanto per mantenere vivo il dibattito su quanto siano truffaldini i capitalisti italiani, oggi sui giornali compaiono due delle facce meno presentabili, quella di Salvatore Ligresti, con tutta la famiglia, e quella di Marco Tronchetti Provera
Il primo incappato in una vera e propria retata: padre, due figlie e dirigenti "amici" in galera, un altro figlio latitante in Svizzera. Li hanno beccati mentre avevano prelevato 14 milioni di euro e parlavano di fuga alle Cayman. Ligresti è un nome assai noto a Milano, anche perché ha oliato le ruote di tutti i partiti, comprese quelle degli incorruttibili camerati dal Msi (i figli adottivi di Giorgio Almirante fecero fallire una concessionaria di auto Lancia a Roma e furono salvati dall'amico Salvatore, che diede loro un'agenzia della Sai). Era la fantastica "Milano da bere" dove il nostro capitano d'impresa fa affari loschi finché non lo fermano i magistrati di Mani Pulite e passa quasi quattro mesi a San Vittore. Lui però, guarda un po', risorge, anche perchè può contare su mille amicizie, compresa quella di Antonino La Russa, suo compaesano e padre del mitico 'Gnazio, che grazie alla sua alleanza con Berlusconi da picchiatore è diventato ministro, quindi è in grado di aiutarlo e viene subito ricompensato. Nel 2001 fa il colpaccio, rilevando Fondiaria dalla Montedison in liquidazione (gliela vende Mediobanca). Ligresti la fonde con Sai e fa a pezzi entrambi. Nel gennaio 2003, quando Fonsai approdò in Borsa, valeva 1,6 miliardi. A fine 2006 ne capitalizzava 5. Poi Ligresti e figli la  affondano con una serie di operazioni cillecite. Risultato: 2 miliardi di perdite nel 2011 e 2012. Mediobanca lo salva ancora, sponsorizzando la ricapitalizzazione da parte di Unipol, concedendo alla famiglia un altro giro di giostra. Ieri il capitolo finale, tutti agli arresti, manco fossero il clan dei Corleonesi. 
Il secondo, diventato uno degli uomini più ricchi d'Italia (nel 2011 guadagnava oltre 22 milioni di euro l'anno) solo per aver sposato la figlia di Leopoldo Pirelli, è meglio conosciuto come l'uomo che ha massacrato la Telecom (che quando era un'azienda pubblica faceva utili e dava lavoro a un sacco di gente). Ieri è stato condannato a un anno e otto mesi per la storia dei dossier illegali frutto delle intercettazioni illegittime effettuate dalla sua ex società. Dovrà anche risarcire in via provvisionale la Telecom che si era costituita nel processo parte civile, versando al momento 900 mila euro sui 6 milioni richiesti dalla compagnia telefonica. Per lui, solo argent de poche. Questo campione della nostra imprenditoria, oltre a essere Vice Presidente di Mediobanca, è membro dell’Esecutivo di Confindustria e Consigliere di Amministrazione di RCS Quotidiani S.p.A., dell'Università Bocconi, dell'Inter, di Alitalia - Compagnia Aerea Italiana S.p.A. e di un'altra decina di aziende. 
La prossima volta che sentirete qualcuno parlare di privatizzazioni, di privato, di libera impresa, ricordatevi di loro e mettete mano alla pistola. 

mercoledì 17 luglio 2013

Il Kazakistan siamo noi

C'è un Ministro dell'Interno, che è anche Vice Presidente del Consiglio, che non sa nulla perché non conta nulla. C'è un Ministro degli Esteri, libertaria e pacifista a targhe alterne, che convoca l'ambasciatore kazako in Italia quasi due mesi dopo il fatto e lo trova in ferie. C'è un capo della Polizia, appena insediato (la buonanima del predecessore guadagnava il più alto stipendio fra tutti i dirigenti pubblici, 621 mila euro l'anno) che cade dal pero. C'è un capo della Squadra Mobile che parte lancia in resta su ordine dei servizi del Kazakistan senza sapere chi sia Muktar Ablyazov (magari bastava digitare su Google, visto che si trattava di un caso del quale si era occupata anche Amnesty Internationl). C'è un Prefetto che non vuol dire nulla di quello che è successo e nel frattempo si dimette. Poi però accusa il Ministro. Ci sono cinquanta agenti della polizia italiana che entrano di notte in una villa per rapire una donna e una bambina. Uno di loro "sembra un mafioso, ha la catena d'oro al collo e le dice: "Puttana russa". Cè una poliziotta dell'ufficio immigrazione, che "parla correttamente l'inglese", ma non capisce la richiesta di asilo politico. C'è un Presidente del Consiglio, che è il nipote del braccio destro del più fedele alleato del dittatore kazako, che non vede, non sente, non parla.
Il Kazakistan? Siamo noi.

giovedì 11 luglio 2013

Donne e bambine rapite, Digos e servizi segreti lavorano per conto di un dittatore straniero?

Immaginate cinquanta agenti armati della Digos che nottetempo entrano dentro una villa di Casalpalocco alle porte di Roma e portano via una donna apparentemente con l'unica accusa di possedere un passaporto falso (poi smentita dal Tribunale di Roma). I Navy Seal che hanno assaltato il rifugio di Bin Laden erano solo 24. Immaginate che, dopo averla rinchiusa nel centro di detenzione di Ponte Galeria insieme alla figlia di sei anni (!), abbiano bellamente ignorato ogni richiesta di asilo politico e le abbiano caricate su un aereo diretto in Kazakistan, consegnandole nelle mani di due diplomatici di quel paese. 
Chi saranno mai queste due pericolose terroriste? Sono la moglie e la figlia di Mukhtar Ablyazov, dissidente kazako e nemico numero uno del dittatore Nursultan Nazarbayev, grande amico di Silvio Berlusconi, che oggi le tiene praticamente sotto sequestro.
Non ci crederete, ma già due o tre giorni dopo questa extraordinary rendition che avrebbe fatto vergognare anche la Cia, il regime kazako emette una nota ufficiale nella quale si sottolinea che "la Procura italiana ha dichiarato che le azioni della polizia e l'atto giudiziario sulla espulsione sono fondate" e che (udite, udite) "le forze dell'ordine continuano i lavori sull'identificazione e l'arresto di Ablyazov".
Immaginate poi che della vicenda non sanno nulla nè il Presidente del Consiglio, Letta quello giovane, che ieri alla Camera ha balbettato un po' di pietose giustificazioni promettendo di fare chiarezza (sì, come no), nè il ministro degli Esteri, Emma Bonino, che parla di "figuraccia" per l'Italia dimenticandosi che la figuraccia è innanzitutto la sua.
Chi ha autorizzato questo schifo?  
Il ministro dell'Interno dalla fronte inutilmente spaziosa, Angelino Alfano, uno dei principali indiziati, si è guardato bene dall'ammettere che in questo paese i servizi segreti (militari e civili) e la polizia politica, quella istituita negli anni di piombo e che ha mantenuto una libertà di movimento assolutamente ingiustificata ai nostri tempi (eseguono direttamente le operazioni frutto delle loro investigazioni o magari "suggerite" da qualche livello più alto), hanno lavorato per conto di un tiranno che governa quel paese da più di vent'anni grazie a un sistema infallibile: alle elezioni si presenta da solo. Ovvio che per il nano di Arcore sia una specie di mito, oltre che un amichetto del cuore insieme all'ex spia del Kgb, Vladimir Putin
Silvio, con il suo solito fiuto per gli affari, ha capito che c'era da farci i soldi. E così, come emerge da uno dei cablo di WikiLeaks, si sono lanciati come falchi la solita Eni, la solita Italcementi (che ha pagatop pure un po' di tangenti) e perfino il Gruppo Todini, la società di Luisa Todini, ex parlamentare di Forza Italia ed ex consigliere di amministrazione della Rai in quota centrodestra. 
Secondo Dagospia, dietro ci sarebbero i servizi segreti interni (Aisi), e in particolare il loro capo, il generale Arturo Esposito, che deve la sua nomina alla sponsorizzazione di Renato Schifani.
Tutti insieme, appassionatamente.  E fuori controllo.




mercoledì 10 luglio 2013

I campioni del Pd (3): il manesco Martino fra scudi fiscali e truffe

Nella lista dei campioni del Pd entra di diritto Pierdomenico Martino, il simpaticone che oggi in aula alla Camera ha cercato di aggredire i parlamentari del Movimento 5 Stelle che accusavano il suo partito di essersi ancora una volta prestato le chiappe alle esigenze del Banana
Ex giornalista parlamentare e portaborse del mite Dario Franceschini, che quando era capogruppo del Partito alla Camera gli versava uno stipendio impressionante, il suo operato è stato ricompensato anche con un posto sicuro in lista che gli è valso la rielezione (sesto nella circoscrizione di Lazio 1, ovvero la certezza di farcela malgrado la demenziale campagna elettorale di Bersani). 
Questo singolare personaggio non solo è manesco come un La Russa in grande spolvero (di recente ha aggredito anche un cronista del Fatto), ma è anche un'icona della ipocrisia politica: nel 2009 insieme ad altri 58 colleghi del Pd era assente in aula quando la Camera votò la pregiudiziale di incostituzionalità sullo scudo fiscale di Giulio Tremonti. Il perché si è scoperto neanche due mesi dopo, quando il nostro ha bussato alla porta di Gianfranco Lande, il Madoff dei Parioli, e... si è fatto lo scudo fiscale, rimpatriando 338.208 euro e pagando 16.910 euro di imposta. Il bello è che è rimasto anche truffato
Genio.

Ventiquattrore per salvare Silvio: il Pd sempre sotto schiaffo

Sempre sotto schiaffo di fronte alle bizze del Caimano. La maggioranza delle larghe intese dimostra per l'ennesima volta come le sorti del proprietario del centrodestra siano l'unico argomento di interesse dalle parti di Palazzo Chigi e dintorni. Il Pdl ha chiesto e ottenuto una sospensione dei lavori di Camera e Senato per valutare la situazione che si è creata dopo che la Cassazione ha spento le speranze di poter arrivare a una prescrizione al processo per i diritti Mediaset. La pitonessa Santanchè aveva proposto tre giorni, ma gli indomiti parlamentari del Pd hanno detto il loro fermo no. Vabbè, fermo... ci siamo capiti. Infatti hanno votato una sospensione di ventiquattro ore, ma hanno detto chiaro e tondo che questa sarà l'ultima volta che cedono (e giù un diluvio di risate). 
Ventiquattrore di tempo per trovare il salvagente per Silvio. Una mega amnistia, un mega indulto tombale, un garbuglio legislativo che possa per l'ennesima volta rinviare l'ineleggibilità di Berlusconi. Altrimenti viene giù tutta la fragile impalcatura che sostiene questo governo del fare (poco o niente). Il Pd, ne sono certo, farà la sua parte.

martedì 9 luglio 2013

I campioni del Pd (2): il "garantista" Speranza peggio di Ghedini

"Nella storia recente del centrosinistra un nostro limite è stato aver seguìto per troppo tempo un carrozzone giustizialista che, complice un anti berlusconismo sfrenato che ha fatto il gioco dello stesso Berlusconi, spesso ci ha costretto a curvare la nostra identità sul nostro essere contro qualcuno e non a favore di qualcosa, e spesso ci ha impedito di affrontare alcuni temi che invece avrebbero dovuto far parte del nostro patrimonio genetico". 
Lui ha 34 anni, è un bersaniano doc e in televisione fa sempre la parte del nuovo che avanza. Il capogruppo del Pd, Roberto Speranza, è proprio quello che sembra: un fedele servo del pensiero unico attualmente al potere, quello per cui bisogna salvare Berlusconi, prima dell'Italia. 
In una imprescindibile intervista al Foglio (giornale che vanta davvero pochi lettori, ma un filo diretto col padrone), il nostro campione "de sinistra" snocciola una serie di castronerie che fanno impallidire perfino i berluscones più accaniti, da Cicchitto a Ghedini, passando per Alfano o Gasparri. Secondo il  nuovo maître à penser di Potenza, i democratici non possono "restare immobili come delle sfingi di fronte alla giustizia: dobbiamo avere il coraggio di affrontare il tema, di far diventare la parola garantismo una parola di sinistra, di smetterla di tifare quando c’è un processo e di evitare di farci ammanettare da quei campioni del giustizialismo che spesso danno ai nostri avversari un alibi per accusare una parte della magistratura di essere politicizzata. Insomma: è arrivato il momento di riconoscere, senza schermi ideologici, che l’arretratezza del nostro sistema giudiziario è uno dei simboli dell’arretratezza del nostro paese”. 
Insomma, se il principale leader dello schieramento avversario è un pluripregiudicato per evasione, corruzione, prostituzione minorile e concussione, la colpa è dei campioni del "giustizialismo" che ancora provano il giusto schifo a stringere patti scellerati con un personaggio del genere, non di coloro che pur sapendo che razza di uomo sia continuano a fargli da palo. 
Il Caimano può dormire sonni tranquilli, la farà franca anche stavolta. 

lunedì 8 luglio 2013

Il Papa a Lampedusa: l'indicibile ipocrisia dei cattolici

L'indicibile ipocrisia dei cattolici italiani, soprattutto quelli che "scendono" in politica, emerge con fragore dopo la decisione di papa Francesco di recarsi a Lampedusa per piangere lacrime di coccodrillo sulla sorte dei poveri cristi morti in mare, spesso perché respinti dalla nostra valorosa flotta. Un gesto encomiabile, nulla da obiettare, ma tristemente fasullo se si analizzano i comportamenti di coloro che la Chiesa cattolica considera politici a sè vicini, magari perché sono contrari ai matrimoni gay (che per papa Francesco, è bene ricordarlo, sono opera del diavolo).  Il Vaticano ha rotto l'anima per decenni sui "valori non negoziabili", incassando sconfitte epocali su aborto e divorzio, ma riuscendo nonostante tutto a fermare i legislatori italiani dal prendere qualche decisione di civilità, imponendo la loro personale "sharia".
L'appoggio delle gerarchie dell'associazionismo cattolici nei confronti del centrodestra è stato fino a oggi imbarazzante.  Forse non è chiaro che lo scandalo dei Centri di detenzione per gli immigrati clandestini e dell'uso della forza per fermare i barconi è figlio della abominevole legge firmata da Gianfranco Fini (l'ex fascista che poi ha scoperto la fica e si è dato una calmata) e da Umberto Bossi (la massima espressione del razzismo in Italia), ministri del governo del bunga-bunga, da sempre applauditissimi con il loro caro leader ai meeting di Comunione e Liberazione e ai raduni cattolici di varia estrazione, il vero "baluardo" del Vaticano per evitare brutti scherzi (da prete) sui fondi dell'otto per mille, su quelli per gli insegnanti di religione, sulle esenzioni dall'Imu e tante altre belle leggine fatte apposta per trasferire soldi Oltrevere. 
Papa Francesco forse non sa che qui da noi la maggior parte delle persone, fortemente indottrinate anche dai suoi preti (umanitari solo a chiacchiere), pensa che i musulmani uccidono i cristiani, che i negri violentano le donne e che gli immigrati ci rubano il lavoro e le case. Sono tutte balle clamorose, ma che hanno una presa enorme sulla gente disinformata. Ora i razzisti di casa nostra sono rimasti un po' spiazzati: per avere un'idea di quale sia il clima che pervade i fedeli italiani basta leggere i commenti agli articoli di Magdi Cristiano Allam, editorialista del Giornale che giustamente continua a difendere la linea dell'integralismo. Gente che invoca il ritorno alle guerre sante, che definisce Bergoglio un apostata, che confonde il terrorismo di Boko Haram con i conflitti interetnici (dove in realtà  i cristiani ammazzano tanto quanto gli islamisti). 
Un mare di odio e di ignoranza, tutto frutto del ventre del Vaticano. 
Ci vorrebbe una posizione chiara, che scomunicasse tutti coloro che hanno contribuito a diffondere il razzismo e la violenza, invece di prendersela con chi divorzia o vive con persone dello stesso sesso. Ma sarebbe troppo. Ci si accontenta di gesti, che verranno presto dimenticati.

Bersani confessa: "Mica volevo fare l'alleanza con Grillo". Pretendeva un atto di fede

Su come siano andate veramente le cose in quelle settimane che hanno fatto seguito al voto delle politiche esistono milioni di versioni differenti. Di fronte allo sbigottimento dell'elettorato di sinistra, che pur non avendo vinto si aspettava una svolta epocale e che ha visto il suo partito buttare a mare due candidature condivisibili (Rodotà e Prodi) per lasciare sul trono re Napolitano e tornare a governare con Berlusconi, gli strateghi del Nazareno hanno continuato a ripetere che la colpa era dei grillini che non avevano voluto fare il governo con loro.
Oggi la confessione dell'ex segretario Pier Luigi Bersani, che conferma quello che era chiaro a tutti fin dal principio: "Mica io volevo far l’alleanza con Grillo, son mica matto", ha detto chiaro e tondo parlando alla Festa dell'Unità a Cremona. 
Lui dal Movimento 5 Stelle pretendeva un atto di fede. Visto che i temibili grillini non hanno voluto votare un governo che avrebbe rimesso sugli scranni dei Ministeri gente come Veltroni, D'Alema, Fioroni o la Bindi (chissà perché), allora sono tornati a fare l'alleanza con Silvio il banana
Tutto chiaro e lineare, direi. Se non la pensate così è perché non capite nulla di politica, ovvio.

I campioni del Pd (1): l'economista piemontese che si faceva fregare sui derivati perché non sa l'inglese

Quando è stata sconfitta per meno di mille voti alle elezioni regionali in Piemonte ha dato fuori di matto, accusando i grillini, che allora non avevano certo la consistenza raggiunta alle elezioni del febbraio scorso, di aver fatto vincere l'avversario, l'obiettivamente impresentabile leghista Roberto Cota (che dallo scorso mese di aprile risulta indagato per truffa, peculato e altre amenità). Mercedes Bresso, campionessa democratica, strillò ai quattro venti che coloro che avevano dato il voto a Grillo erano "dei cialtroni che hanno consegnato il Piemonte a una destra razzista". Poco importa se lei era favorevole alla Tav esattamente come Cota e per questo si era giocata un bel po' di voti a sinistra: i leader del Pd non sono mai responsabili quando perdono, la colpa è sempre di chi decide che non basta più turarsi il naso e non li vota, colto da un soprassalto di decenza.
Ora viene fuori che la giunta guidata dalla Bresso, che si vanta di essere un'economista, decise di finanziarsi emettendo sul mercato 1,8 miliardi di obbligazioni e per "proteggersi" da eccessive variazioni dei tassi di interesse, firmò con le banche Merrill Lynch, Dexia e Intesa Sanpaolo alcuni contratti di derivati, strumenti di ingegneria finanziaria che scommettono sulle variazioni del mercato. Ecco, la scommessa è andata persa e la Regione si è ritrovata a pagare molto di più fino al punto di non avere più soldi per farlo. Ora accusano le banche di truffa: i derivati "erano in inglese, non capivamo".  L’allora assessore al Bilancio, infatti,  "parlava un inglese molto limitato e non ci si poteva aspettare che leggesse e capisse l’accordo che stava mettendo in atto".
Ormai stiamo alle comiche finali dell'epoca del muto.

sabato 6 luglio 2013

In prima pagina il Papa "innovatore", nascoste all'interno le notizie sullo Ior che riciclava denaro sporco

Basta guardare i due principali giornali di oggi per capire perché i quotidiani - che già in Italia faticavano a conquistare credibilità - abbiano lasciato sul campo milioni di lettori. Due giornalisti esperti di inchieste hanno pubblicato oggi sul Corriere della Sera e Repubblica quello che è un notevole "scoop", l'unico che le loro testate possono vantare sull'edizione odierna e l'unico a essere ripreso dalla stampa internazionale. I magistrati che hanno indagato per due anni e mezzo su quella fogna a cielo aperto che è la banca del Vaticano insieme alla Guardia di Finanza hanno concluso l'inchiesta e scritto nero su bianco che lo Ior era lo strumento attraverso il quale era possibile riciclare denaro sporco, proveniente da traffici illeciti ed evasione fiscale. Il tutto grazie ai correntisti dell'Istituto, che non si sa chi siano, che potevano operare senza controlli girando ingenti quantità di denaro fra una banca e l'altra.
Del verminaio che infesta il panorama economico e finanziario da diversi decenni si aveva già un'idea precisa, malgrado i sostenitori di papa Bergoglio abbiano abboccato alla tesi secondo la quale il "pampa" avrebbe deciso autonomamente di fare pulizia. Una balla clamorosa. In realtà, il Commissariamento dell'Istituto è stato deciso solo dopo che lo schifo era già venuto abbondamente a galla. 
Quello che fa impressione è però che nessuno dei due giornali mette la "sua" notizia in prima pagina, preferendo articoli a soffietto sulla nuova enciclica dei "due Papi" e sulla prossima santità di Wojtyla e Roncalli (il primo avrebbe volentieri fatto fuori il secondo, visto che per tutto il pontificato non ha fatto altro che scagliarsi contro le aperture del Concilio Vaticano II).
Repubblica si affida a un editoriale che si pone una domanda avvicente: chi avrà scritto la maggior parte dell'enciclica, Bergoglio o Ratzinger? Poi si supera con un articoletto nel quale i due Papi invocano San Michele per "cacciare il maligno dal Vaticano". Perchè non rivolgersi invece a Max Von Sydow, indimenticabile interprete di padre Lankaster Merrin nell'Esorcista? A occhio e croce sembrava più efficace di San Michele. 
Il Corriere supera se stesso, dedicando l'apertura del giornale, la seconda, la terza e la quinta pagina alla fondamentale enciclica che in ottanta pagine di banalità da catechismo delle scuola elementare punta a un solo obiettivo: ribadire che il matrimonio è possibile solo fra uomo e donna perché solo un uomo e una donna possono fare i figli. Qualcuno spieghi ai due teologi che i bambini nascono dall'unione sessuale di un uomo e una donna, che nascono anche al di fuori del matrimonio e hanno la stessa legittimità degli altri e che soprattutto i nuclei familiari non sono degni solo se votati alla procreazione (altrimenti torniamo al ripudio delle donne sterili). Il tutto commentato da due noti bigotti, uno dei quali ha fatto ridere mezzo mondo per aver affermato poco tempo fa  che "Gesù vestiva Armani"
E' la stampa italiana, bellezza. 


venerdì 5 luglio 2013

La Chiesa, i miracoli del papa polacco e i veti sulle staminali

Magari fra qualche decina di anni si potrà guarire dal morbo di Parkinson senza bisogno di ricorrere ai miracoli di qualche Papa in odore di santità. Magari si farebbe anche più in fretta, se la Chiesa cattolica non fosse sempre in prima fila a bollare come opera del demonio ogni ricerca scientifica, come quella sulle staminali, che potrebbero salvare tantissime vite da tante altre malattie degenerative incurabili. 
Invece, niente. 
Loro si accontentano della favoletta della suora che si rivolge al Papa polacco e come d'incanto guarisce, in quello che viene definito un fenomeno inspiegabile (naturalmente da medici di comprovata fede cattolica) e di una non meglio identificata donna del Costarica che sarebbe guarita da una lesione cerebrale.

mercoledì 3 luglio 2013

Il Parlamento sovrano? Non ai tempi di re Giorgio e della lobby delle armi

Il Parlamento sovrano? Ma quando mai. Giorni e giorni di dibattito per impedire o quantomeno ridiscutere l'acqusito degli inutili cacciabombardieri F-35, che ci costerebbero negli anni come un paio di manovre finanziarie, poi arriva re Giorgio e fischia la fine della ricreazione
Il Consiglio Supremo della Difesa, organismo costituzionale presieduto dal Presidente della Repubblica e composto dal Presidente del Consiglio e diversi Ministri e dal Capo di Stato maggiore della Difesa, si è riunito oggi e al termine del grande consulto ha partorito un criptico comunicato nel quale si sostiene che il potere del Parlamento "sui programmi di ammodernamento delle Forze Armate, non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative e provvedimenti tecnici che, per loro natura, rientrano tra le responsabilità costituzionali dell'Esecutivo".

Datagate Usa, Palazzo Chigi diventa complice di violazione del diritto internazionale

Complici di violazione del diritto internazionale. Non abbiamo neanche finito di fare i finti offesi per le rivelazioni sul Datagate Usa, che il nostro governo decide di inginocchiarsi di nuovo davanti allo strapotere americano, compiendo un atto del quale risponderà con tutta probabilità in sede Onu. Il velivolo su cui viaggiava il presidente boliviano Evo Morales, proveniente da Mosca, è stato costretto ad atterrare in Austria dopo il divieto di sorvolo notificato da Francia, Portogallo, Italia e Spagna, dopo le pressioni del governo statunitense convinto che a bordo ci fosse il nemico pubblico numero uno, Edward Snowden
Morales ha giustamente protestato sostenendo di essere stato vittima di una "aggressione" e non si vede come si possa dargli torto. Obama e i suoi non comandano più sul Sudamerica come ai tempi dei caudillos foraggiati dalla Cia. Il presidente, invece di andare in giro a pronunciare discorsi zeppi di retorica sulle conquiste per i diritti umani, dovrebbe farsene una ragione e mollare l'osso. 
Per quanto riguarda il nostro paese, l'ordine pare sia arrivato direttamente da Palazzo Chigi, non si capisce davvero in base a quale autorità. Emma l'amerikana riferirà domani alle Commissioni parlamentari riunite. Ha deciso da sola? Le è stato imposto? Chi è il titolare della politica estera italiana ed europea, John Kerry? Se Snowden fosse stato davvero a bordo cosa succedeva? Abbattevamo l'aereo? Impedivamo al presidente di un paese democratico di far ritorno a casa?

lunedì 1 luglio 2013

Datagate, una vicenda "spinosa" per gli amerikani Napolitano e Bonino

E' che come al solito in Italia la situazione è grave, ma non seria. Altrimenti sulla storia dei servizi segreti statunitensi che spiano porci e cani con la scusa della lotta al terrorismo non ci sarebbe molto da ridere. Invece, come da tradizione, qui da noi diventa tutto materiale per la satira. Dopo che per decenni ci siamo sdraiati a tappetino, con qualsiasi governo avessimo noi e qualsiasi presidente avessero loro, dopo aver accettato passivamente stragi di Ustica, bravate da cow-boy come quella del Cermis o quella costata la vita a Nicola Calipari, rapimenti da parte di agenti della Cia nel pieno centro di Milano, presenza militare ai limiti dell'occupazione in tante parti d'Italia, oggi tutto ad un tratto scopriamo che lo zio Sam fa il cattivone, non si fida abbastanza dei suoi umili servi e li fa spiare, come si fa con i servi. 
Stavolta non si può far finta di niente, perché lo scandalo è internazionale e dopo WikiLeaks, che ha confermato a più riprese quanto inginocchiati fossero i nostri governanti davanti a quelli di Washington, ora tocca al Datagate che fa fare una figuraccia all'intera Europa.