giovedì 31 ottobre 2013

Un paese senza lavoro e senza governo, ma ci resta il Bunga Bunga

Un paese senza lavoro e senza governo. Perlomeno senza un governo credibile. Chi infatti si fiderebbe ancora di un'ammucchiata così indegna da risultare addirittura ridicola? Nessuno, a meno che non sia in mala fede. E in mala fede sono tutti coloro che continuano a sostenere l'esecutivo del Letta minore. Mentre tutta Italia dipende ancora dalle bizze di un anziano puttaniere ("Finchè c'è Silvio c'è Bunga Bunga", ha dichiarato ieri una delle ragazze pagate a peso d'oro da Berlusconi, rassicurando un po' tutti) e le telecamere vengono puntate sul suo nuovo ometto di fiducia Raffaele Fitto (un campioncino che in linea con l'attitudine del partito si è già beccato una condanna a quattro anni in primo grado ed è sfuggito in passato agli arresti solo grazie al fatto che i suoi amici di tutti i partiti hanno respinto alla Camera la richiesta dei magistrati), l'Istat certifica per l'ennesima volta il dramma in cui stiamo vivendo. 
Il tasso di disoccupazione a settembre ha segnato un nuovo record raggiungendo il 12,5%  in rialzo di 0,1 punti percentuali su agosto e di 1,6 punti su base annua. E' il valore più alto dal 1977 (!)  ed è aggravato dal dato sui giovani fra i 15 e i 24 anni), dove la disoccupazione è arrivata al 40,4%, in aumento di 0,2 punti percentuali su agosto e di 4,4 su base annua. 
Economisti e osservatori prezzolati dal grande capitale fanno spallucce e sostengono con la consueta faccia di bronzo che i segnali di ripresa economica (che si baserebbero sulla "fiducia" delle imprese, pensate un po')
hanno bisogno di più tempo per trasferirsi sul mercato del lavoro.
Ma è una grassa bugia.  Perché il sistema è stato esattamente concepito per raggiungere i risultati opposti: la massimalizzazione dei profitti a danno dei posti di lavoro. Questo è il paese delle grandi intese, pochi furbetti alla guida del treno e vagoni e vagoni di poveri illusi e ignoranti, travolti da promesse elettorali e attirati come mosche sulla merda da nani, ballerine, presidenti e banchieri ottuagenari.

martedì 29 ottobre 2013

La missione compiuta dei geni della finanza al potere: in 5 anni raddoppiati i poveri

Missione compiuta. Dal 2007 al 2012 il numero di italiani che vivono in povertà assoluta è raddoppiato da 2,4 a 4,8 milioni. Quasi la metà (2,3 milioni) sono al Sud e di questi poco più di 1 milione sono minorenni, mentre sono salite al 65% le famiglie che dichiarano di acquistare meno beni che in passato. Come al solito le cifre statistiche fanno piazza pulita di tutte le balle raccontate da politici e grandi economisti che in questi anni si sono avvicendati al potere. Che cosa dire di fronte ai numeri dell'Istat delle facce che in questi anni si sono occupate della nostra economia, come quelle di Giulio Tremonti, di Mario Monti e oggi di Fabrizio Saccomanni
Il loro non è in realtà un fallimento, ma la piena adesione alle dottrine che vengono insegnate nelle Università dell'alta borghesia, dove a costi esorbitanti si educano i futuri padroni del vapore a ridurre in pezzi tutto quello che puzza di sociale in favore di tutto quello che fa fare i soldi ai privati. Via scuola, asili, sanità pubblica e aziende di Stato, con conseguente impoverimento delle famiglie e perdita dei posti di lavoro. Il pensiero unico del capitalismo straccione non conosce rivali. Anzi, ormai ha corrotto anche comunisti e cattolici.

lunedì 28 ottobre 2013

Papa Francesco firma accordi col sanguinario dittatore della Guinea

La simpatia con la quale il Vaticano nel corso degli anni ha guardato ai dittatori, naturalmente quelli di fede cattolica, è storia anche recente, come dimostra il caso del Papa polacco che ha santificato il franchista Escrivà de Balaguer, si è affacciato in finestra con Augusto Pinochet e ha fatto visita anche a Fidel Castro, quando ormai preda della senescenza ha cominciato a ricordare i suoi trascorsi a scuola dai preti.
Al momento dell'elezione di Bergoglio sono emersi particolari un po' strani sul suo ruolo di capo della Compagnia di Gesù in Argentina al tempo della dittatura militare, ma poi la stampa italiana come al solito agiografica ha messo tutto a tacere facendo passare il gesuita per un francescano.
Tre giorni fa in Vaticano, il papa pampero ha ricevuto stringendogli le mani il presidente della Guinea Equatoriale, Teodoro Obiang Nguema Mbasogo,con il quale ha anche firmato un accordo bilaterale di cooperazione. Vatican Insider, che dovrebbe essere il sito web di informazioni non convenzionali sulla Chiesa cattolica della Stampa, insieme a tutto il resto dei giornali e delle agenzie, non ha fatto una piega, presentando la cosa come un atto di ordinaria amministrazione che, udite udite, "suggella le buone relazioni bilaterali esistenti, riconosce la personalità giuridica della Chiesa e delle sue Istituzioni" e "riguarda anche il matrimonio canonico, i luoghi di culto, le istituzioni educative, l'assistenza spirituale ai fedeli cattolici negli ospedali e nelle carceri'', come recita la velina diffusa dalla sala stampa vaticana. 
Peccato che Obiang sia un feroce dittatore che governa con il pugno di ferro il suo paese da oltre trent'annie che molti osservatori internazionali considerino il suo regime uno dei più corrotti, oppressivi e antidemocratici del mondo. La Guinea Equatoriale ha un solo partito, non ci sono giornali e tutte le emittenti radiofoniche e televisive sono gestite o controllate direttamente dal governo. Secondo Forbes, questo personaggio possiede una delle fortune più grandi del mondo, con un patrimonio stimabile in 600 milioni di dollari, in un paese pieno di petrolio e fra i più poveri di tutta l'Africa. In un rapporto del Dipartimento di Stato americano del 2008, si parla di uccisioni indiscriminate, detenzioni arbitrarie e torture per i detenuti. Che però adesso, grazie all'accordo di papa Francesco, prima di crepare in cella potranno usufruire dell'assistenza spirituale.
Sono soddisfazioni.

L'ossessione delle privatizzazioni del Paperone Saccomanni

Il ministro del Tesoro, Fabrizio Saccomanni, è un amante delle esternazioni. Personaggio che ha sempre lavorato nell'ombra per conto di precisissimi poteri forti, ora che è parte del governo dell'ammucchiata generale non si contiene e parla. Oltre al suo mantra preferito della "ripresa dietro l'angolo", puntualmente smentito da tutti i dati statistici ufficiali, c'è quello delle privatizzazioni. Già lo scorso luglio aveva provocato un mezzo maremoto dichiarando a Bloomberg che si sarebbero svendute Eni, Enel e Finmeccanica per fare un po' di cassa. Subissato di insulti per aver detto una cosa che non era stata discussa con nessuno all'interno della ridicola maggioranza che sostiene anche lui, ha fatto passare qualche mese e ci è tornato. Stavolta niente testate gradite alla business community, ma il salotto del milionario Fabio Fazio, dove ancora una volta ha ripetuto il suo concetto da ragioniere: vendere le aziende di Stato per ridurre il debito, infilandoci pure la Rai
Saccomanni è un giovane virgulto di 71 anni (il ministro delle Finanze svedese, considerato il miglior d'Europa, ne ha 45) e sembra il perfetto identikit di chi si schiera dalla parte dei soldi. Laureato alla Bocconi, ha lavorato come rappresentante della Banca d'Italia presso il Fondo Monetario Internazionale, la Banca centrale europea, la Banca dei Regolamenti Internazionali e l'Unione Europea, ovvero tutti i principali grassatori del cittadino medio. Un paperone di Stato che da direttore della banca centrale guadagnava oltre 830 mila euro l'anno e che quando ha dovuto mettere on line la propria dichiarazione dei redditi ha fatto l'indiano, senza includere quelli derivanti dalla pensione di cui già gode.  Tanto per fare un esempio, il più grande banchiere del mondo, il presidente della Fed (la banca centrale degli Stati Uniti) Ben Bernanke ha uno stipendio di meno di 200 mila dollari l'anno.
Ecco, l'emblema dell'Italia che mangia a sbafo sulla pelle degli altri, cumulando stipendi senza alcuna giustificazione, ci dice che dobbiamo svendere i gioielli di famiglia per colmare il buco che quelli come lui hanno scavato nel corso degli anni (è entrato in Banca d'Italia nel 1967 e tralasciamo che cosa è stata la Banca d'Italia in questi ultimi cinquant'anni). Parlare di privatizzazioni qui da noi significa intraprendere un cammino ben preciso: regalare le aziende ai privati, assistere impotenti a una progressiva perdita di posti di lavoro e competitività e poi spendere un sacco di soldi per ricomprarle prima che falliscano del tutto (vedi Telecom e Alitalia). 
Chi non si pone il problema di che fine faranno Eni, Enel, Finmeccanica e la stessa Rai è in malafede o è stupido. Saccomanni non è stupido, purtroppo.

venerdì 25 ottobre 2013

I campioni del Pd (7): Carbone, lo stalker che va impreparato alle interrogazioni

Riprendo volentieri questa rubrica, dedicata alle facce della sinistra grazie alle quali la sinistra non vincerà mai. Ieri a Servizio Pubblico, c'era la sorella bandiera Giorgia Meloni che faceva sfoggio di tutta la sua paraculaggine romanesca, cercando di passare per una pasionaria dell'opposizione quando il suo partitello alle ultime elezioni ha ottenuto qualche seggio e lei ha conservato lo stipendio solo perché era apparentata con l'amico Silvio, e un tale Ernesto Carbone, carneade del Partito Democratico, ex prodiano oggi salito sul carro di Matteo Renzi, che solo a vederlo e sentirlo parlare si capisce perché la legge elettorale attuale è una schifezza. Uno così, totalmente impreparato e balbettante su qualsiasi argomento affrontato ieri, dalla Tav ai problemi della casa, alle vergognose leggi sull'immigrazione, non poteva che essere eletto con un listino bloccato, perché altrimenti non lo avrebbe votato nessuno. Non sapeva niente, nè del progetto Tav in Val di Susa, nè delle occupazioni delle case, cercava di zittire due informatissimi attivisti No Tav e lanciava proposte deliranti, del tipo vendiamo le Poste per fare cassa (e magari scavare qualche altro tunnel).
A metà fra un pugile suonato e un alunno delle medie alle prese con un'interrogazione difficile per la quale non ha neanche aperto libro, Carbone ha messo in scena tutta l'incapacità politica di coloro ai quali si accompagna, un partito allo sbando, ostaggio di un bizzoso vecchissimo Presidente e di un pluripregiudicato in attesa di grazia (o amnistia, o indulto, va bene tutto) e incapace di fare una proposta seria che sia una.
Se si cercano notizie in Rete su cotanto personaggio, emerge però una storia divertente. Carbone non ha fatto un tubo nella vita, a parte portare la borsa a un trascurabile ex Ministro dell'Agricoltura, Paolo De Castro. Però è finito comunque sotto processo, tanto per non farsi mancare il marchio di origine controllata che ogni politico italiano sembra sfoggiare con orgoglio. Il nostro genio è accusato di furto di password, sostituzione di persona e intrusione nel profilo Facebook altrui, quello della sua ex, una consigliera comunale del Pd a Cesena, perseguitata da mail diffamatorie e cattiverie assortite sui social network. 
Un altro fenomeno della banda. 
Che, bisogna dirlo, quando c'è da far ridere non delude mai. Però il suo slogan è: "L'Italia che meriti. Adesso". E suona come una minaccia.

mercoledì 23 ottobre 2013

Datagate, italiani spiati e il governo fa finta di nulla. Fedeli alla linea

Barack Obama non sa più a chi dare i resti per parare la figuraccia che l'ex dipendente dei servizi segreti del suo paese, Edward Snowden, gli sta facendo fare a puntate con la pubblicazione da parte della stampa dei suoi file segreti. Quello che tutti già sapevano fin dal 2001 è che gli americani hanno approfittato della guerra al terrorismo per spiare tutto il mondo, amici e nemici, senza distinzione. Le notizie hanno provocato la reazione indignata di mezzo mondo, dal Messico alla Francia, al Brasile, con i capi di stato e di governo che hanno cancellato incontri alla Casa Bianca in programma da tempo e hanno costretto Obama  a una penosa marcia indietro con tanto di promessa di indagine.
Indovinate qual è l'unico governo che invece si stende a mo' di zerbino? Ma il nostro, naturalmente, che vanta al suo interno un filoamericanismo d'accatto che ci rende i soliti Pulcinella.

lunedì 21 ottobre 2013

Il (dis)ordine dei giornalisti: quando l'invidia è una brutta bestia

Giornali, settimanali, mensili e pubblicazioni varie in Italia vivono di gossip da sempre. Non c'è sito web, foglio di carta, quotidiano o giornaletto di quartiere che non punti su qualche tetta e gamba scosciata, per non parlare delle pubblicità (che l'editoria la tengono in piedi) che accostano bellezze pacchiane e possibilmente seminude a qualsiasi tipo di prodotto, dal collante al silicone al whisky, passando per auto, pasticche per il mal di testa e assorbenti, o delle riviste femminili che sembrano fatte molto di più per gli uomini.
E' da questo pulpito che nei giorni scorsi è partita la raffica moralista contro Michele Santoro, colpevole di aver portato in trasmissione una attricetta bulgara, Dragomira Bonev,  che ha parlato, per l'ennesima  volta, del mondo marcio che circonda l'uomo più potente e ricco d'Italia. Siccome il programma non ha rivali in termini di audience, gli altri giornalisti, molti dei quali quando hanno provato a fare tv con delle trasmissioni da loro condotte hanno registrato fallimenti da chiusura dopo la prima puntata, muoiono di invidia.
Perfino in redazioni di testate di serie C, come quella per cui lavoro io, sono comparsi gli "snob", quelli che "basta con il gossip", quelli che "Santoro ha esagerato", gente che di solito non mette in fila tre parole, nè parlate, nè scritte e che è abituata geneticamente a fare la buca delle lettere.

martedì 15 ottobre 2013

Fazio non può dire quanto guadagna: paura che lo aspettino sotto casa?

Peccato che a metterlo in mutande sia stato Renato Brunetta, che certo non è il pulpito migliore dal quale pronunciare certe prediche. Ma era ora che qualcuno accendesse un riflettore sugli scandalosi compensi di Fabio Fazio, il presentatore tappetino che si metterà in tasca 5 milioni e 400 mila euro nei prossimi tre anni per un programma che, tralasciando giudizi di merito sullo squallore, non è prodotto dalla Rai, ma dalla Endemol
Di fronte al rissoso Brunetta, Fazio si è risentito sparandone una veramente grossa: "Sono orgogliosissimo dei soldi che prendo perché io faccio guadagnare la mia azienda, così come sono orgogliosissimo di restituire il 50% al fisco e di non avere alcuna denuncia per frode fiscale". Poi, forse resosi conto della sciocchezza, ha peggiorato la situazione: "Io non posso dire quanto guadagno. L'azienda mi vincola alla riservatezza. Non vado contro la mia azienda".
La Rai non è un'azienda privata (anche perché se lo fosse col cavolo che gli darebbe tutti questi soldi), anche se risponde alle regole di una società per azioni e in base a diversi pareri della Corte di Cassazione avrebbe il dovere o comunque la possibilità di rendere pubbliche e motivare le proprie spese, anche perché le perdite - che nel 2012 sono state la bellezza di oltre 245 milioni di euro - vengono ripianate dalla tasse. Quindi il milione e ottocentomila euro lordi l'anno, che poi diventano 900 mila netti, pari a circa 80 mila euro al mese (!), sempre netti, che percepisce uno come Fazio che non sa fare nulla, non è nessuno e deve la sua fortuna solo al modo mellifluo con cui tratta i potenti (che intervista anche senza essere un giornalista), li paghiamo tutti, con il canone e con la fiscalità generale.
Vedere le cifre servirebbe a capire anche se è vero che uno come Fazio raccoglie più di quello che costa, perché un conto è dirlo, un conto è vederlo, senza contare che da 11 anni occupa manu militari la prima serata di sabato e domenica, alternando politici rassicuranti a personaggi dello spettacolo e dello sport. 
Non esattamente una roba da avanguardia. 
Poi viene fuori che per avere un comico di seconda scelta come Maurizio Crozza, la Rai sarebbe stata pronta a spendere 25 milioni di euro, dei quali cinque netti sarebbero andati  proprio a lui, un tipo talmente poco professionista che l'anno scorso sono bastati due fischi sul palco di Sanremo per mandarlo in tilt. Per non parlare di Roberto Benigni, che nel biennio 2012/2013 si è messo in saccoccia la bellezza di 5,8 milioni con qualche comparsata e qualche letale lettura di Divina Commedia, o di tutta la pletora di giornalisti di centrodestra che hanno provato a fare i Santoro con risultati ridicoli. 
Già fanno ridere poco. La prossima volta che li vedete in televisione fare una battuta sui disoccupati, gli immigrati e i pensionati ricordatevi del loro conto corrente. 

lunedì 14 ottobre 2013

Renzi e Quagliariello chiudono la commedia, l'amnistia serve solo a Berlusconi

Quanto possano essere bugiardi coloro che ricoprono le più alte cariche dello Stato è ormai sotto gli occhi di tutti. L'ignobile farsa dell'amnistia, portata avanti da gente che non muoverebbe mai un dito a difesa dei più deboli e di coloro che delinquono anche perché vivono ai margini della società e che anzi ha messo la propria faccia e la propria firma sotto alcune delle leggi più repressive degli ultimi decenni, è finalmente giunta al termine. Dopo il messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica, si erano tutti preoccupati di giurare e spergiurare che il provvedimento non avrebbe riguardato Berlusconi. Tutti, ma proprio tutti, compresa la ministra Cancellieri, che non si capisce se c'è o ci fa, e buona parte del Pd, che si sa, quando si tratta di salvare Silvio si ricompatta immediatamente, stavano lì con il ditino alzato a criticare qualsiasi voce di dissenso, pronti a dare del forcaiolo a chiunque non fosse d'accordo con l'operazione salvataggio dell'anziano piccolo delinquente. 
Poi arriva uno come Matteo Renzi, che una cosa di sinistra non l'ha mai detta in vita sua, che pronuncia un'ovvietà: "L'amnistia non è una cosa seria". Apriti cielo. Parte il fuoco "amico" dei ministri Zanonato, che accusa Renzi di cercare consensi (certo perché loro al Pd i consensi non li cercano e infatti fanno sempre il contrario di quello che farebbe il loro elettorato) e della Bonino, che per aiutare l'amico e benefattore Silvio si immolerebbe di persona.
Poi oggi arriva il "moderato" Gaetano Quagliarello e fa calare il sipario sulla pessima commedia. L'amnistia, se si fa, si fa anche per Berlusconi. Che poi, come volevasi dimostrare, è anche l'unico possibile detenuto che interessi a lor signori.

venerdì 11 ottobre 2013

Alitalia: Totò, Peppino e la banda degli onesti

Di fronte all'ennesimo salvataggio pubblico di interessi privati, c'è qualcuno che insorge sostenendo che l'intervento dello Stato non deve essere mai giustificato. Autorevoli commentatori che scrivono su giornali nei quali contribuiscono al perenne rosso economico (costano carissimi e non li legge nessuno) o ricoprono cariche elettive decise da una segreteria di partito, si dicono convinti che il capitalismo non vada disturbato, quando brucia decine di migliaia di posti di lavoro. E pazienza per coloro che restano senza stipendio: è il mercato, bellezze.
Poi uno guarda l'azionariato dell'Alitalia privatizzata e ci riconosce subito il marchio della commedia all'italiana.

mercoledì 9 ottobre 2013

Qualcuno davvero crede che a Napolitano interessino le condizioni dei detenuti?

La situazione delle carceri italiane è così vergognosa, che utilizzarla come scusa per salvare Silvio Berlusconi dovrebbe far vergognare ancora di più. Alla fine del 2011 - secondo gli ultimi dati dell'Istat - erano detenute nelle carceri italiane 66.897 persone,  molte di più della capienza degli istituti di pena, pari a 45.700 posti. Dal 2000 la popolazione carceraria è aumentata del 25,7% grazie alle politiche repressive adottate dai governi di destra sulla droga e sull'immigrazione. Per reati legati agli stupefacenti, spesso possesso di piccole quantità ma recidivo, sta dietro alle sbarre oltre un terzo dei detenuti italiani (27.459) , la maggior parte di coloro che sono  entrati nelle carceri nel 2011 era in attesa di giudizio e soltanto il 10% aveva una condanna definitiva.
Basterebbero queste cifre per capire dove si può intervenire per evitare il sovraffollamento delle carceri, dall'accelerazione dei processi alla depenalizzazione di tanti piccoli reati, come il possesso di droga o l'immigrazione clandestina, ma anche il piccolo spaccio, visto che gli immigrati che vendono droga lungo le strade del nostro paese di certo non lo fanno per conto proprio e altrettanto sicuramente non se la portano da casa loro.

lunedì 7 ottobre 2013

La spending review? Facciamola sulle scuole private

A volte per dire qualcosa di sinistra, come chiedeva Nanni Moretti, basta anche solo pronunciare cose ovvie in questo paese alla deriva, sociale e politica. Per esempio sulla scuola, che anno dopo anno viene dissanguata di risorse da governi di tutti i colori. Sulla formazione, in Italia, non si è mai investito, perché prima di tutto bisognava alimentare il business delle scuole private, il 90% delle quali nelle mani del Vaticano o di congregazioni varie. L'istruzione ha subito lo stesso lento declino dell'assistenza sanitaria e in parte per lo stesso motivo: pagare l'obolo a Santa Romana Chiesa. 
Tanto per fare due cifre, l'insegnamento della religione in tutte le scuole italiane, ci costa un miliardo e 250 milioni di euro l'anno, ai quali vanno aggiunti 325 milioni di contributi agli istituti cattolici e 46 milioni alle università, sempre cattoliche. In tutti questi posti si pagano cifre che vanno da una media di 3.000 euro fino a 10 mila euro l'anno, una vera scala classista che dimostra ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che in Italia i servizi pubblici vanno pagati lo stesso, se non si vuole andare a scuola in aule senza riscaldamento e con i soffitti pericolanti o in ospedali dove ti lasciano tre giorni su una branda in corsia.

venerdì 4 ottobre 2013

Le banalità del Papa sul matrimonio: mamme e mogli a stirare camicie

Oggi ho subito una punizione. Un mio collega che seguiva l'intervento di papa Francesco ad Assisi è stato tutto il tempo con la televisione accesa a tutto volume in ufficio. Io non volevo, lo giuro, ma sono stato costretto a sentire. E le banalità di cui è stato capace affrontando una questione seria come la famiglia mi hanno fatto un certo effetto, soprattutto considerato la grande stima di cui sembra godere. 
Prendendosela con la "cultura del provvisorio", Bergoglio ha parlato dei giovani che hanno osato dire "restiamo insieme finché dura l'amore", accusandoli di egoismo. Poi ha esaltato la verginità e il celibato dei preti (contento lui, chissà gli altri) e ha raccontato una storiella su una madre che si sarebbe lamentata con un sacerdote per il fatto che il figlio di trent'anni con una "bella fidanzata" (magari se era una cessa poteva pure essere perdonata) non si decideva a sposarsi, sentendosi rispondere: ''Smetta di stirargli le camicie". Grandi risate e applausi per una analisi socio-politica degna del personaggio. 
E' infatti noto che la scarsa propensione al matrimonio dei giovani di oggi sta tutta nel privilegio di avere le camicie stirate dalla mamma. E che i giovani maschi non abbiano paura: il matrimonio serve a questo, a farsi stirare le camicie dalla moglie, con la quale bisogna fare tanti figli e rimanere insieme anche se ci si odia. 
"La società in cui voi siete nati privilegia i diritti individuali piuttosto che la famiglia, le relazioni che durano finché non sorgono difficoltà", ha detto il pampero.
E meno male, vivaddio. 

Lampedusa, tragico esempio del perché non si può governare con questa destra

E poi arriva lo schiaffo. Bello dritto sulla faccia, dopo giorni di narcolessi a caccia dell'ultima dichiarazione di qualche vecchia carampana rifatte e ingioiellata o qualche nano da circo convinto di essere Napoleone. Perché mentre noi stiamo qui a masturbarci sulle larghe intese, sulla stabilità e su quanto sia bello tenere in piedi un governo ridicolo, lungo le nostre coste la gente muore, a centinaia, dandoci una tragica esemplificazione in diretta del perchè noi non siamo un paese serio e del perché è assurdo governare insieme alla destra italiana e continuare a definirsi di sinistra.
Rigurgiti di xenofobia e razzismo, spinti avanti dai leghisti e dai reduci del Msi, hanno portato all'approvazione di una legge che è in se stessa un obbrobrio, firmata da due politici ormai fortunatamente in disarmo e fatta su misura per placare le rabbie popolari innescate ad arte contro gli immigrati, anche quelli regolari, costretti a penose trafile burocratiche per ottenere permessi di lavoro e soggiorno. 
Quelli irregolari, invece, li si affoga direttamente in acqua.

mercoledì 2 ottobre 2013

Peggio Berlusconi o Letta e il Pd che continueranno a governare con lui?

Il vecchio satiro di Arcore è ormai in pieno stato confusionale. Circondato da falchi, pitonesse, prostitute e papponi, sente avvicinarsi l'ora della sua fine politica e dà fuori di matto, cambiando idea ogni cinque minuti. Dopo aver annunciato il rompete le righe e aver fatto passare per gente responsabile anche due figuri come Angelino Alfano e Fabrizio Cicchitto, oggi si è presentato in aula al Senato per il suo solito spettacolo contro i giudici, i comunisti, i traditori, gli inaffidabili e poi - fra le risate generali - ha annunciato il suo voto favorevole alla fiducia al governo guidato dal nipote del suo consulente personale.
Però c'è poco da ridere.
Perché ora si apre un'altra pagina e un'altra storia, l'ennesima che porterà via voti al Partito Democratico, sempre più in balìa delle bizze del pazzo. Come faranno Letta, Epifani, Napolitano e quei nulla fatti persona che concorrono alla guida del partito a giustificare il fatto che continueranno a governare con uno così, sapendo che fra qualche giorno siamo da capo a dodici? E' questo l'interesse del paese? Un'eterna paralisi provocata da una coalizione all'interno della quale sono tutti contro tutti anche dentro gli stessi partiti? Un'attesa inutile verso la prossima scontata crisi?
Nessuna delle persone che sono attualmente all'interno del Parlamento lavora per il bene del paese. Questo ormai dovrebbe essere chiaro. E la diretta televisiva della sciocca gazzarra al Senato - con interventi di qualche peone fortemente in difficoltà con la lingua italiana - ne è stata triste testimonianza una volta di più.



martedì 1 ottobre 2013

Lo spettro del "responsabile" Giovanardi

Uno spettro si aggira per il paese. E' quello di Carlo Giovanardi, il democristiano per tutte le stagioni, l'uomo più preso di mira su internet grazie alle sue mirabolanti uscite oscurantiste, che ne hanno sempre fatto un personaggio al limite del caricaturale, anche se qualche volta leggermente spaventoso. Salvato dallo tsunami di Tangentopoli da Silvio Berlusconi e Pierferdinando Casini, che lo hanno riciclato dopo la diaspora democristiana, oggi - passati vent'anni dal suo repechage - è pronto per una nuova giravolta e annuncia di essere disposto a votare la fiducia al governo di Letta junior insieme a una quarantina di panciafichisti come lui. E così l'uomo che ha paragonato l'eutanasia ai metodi nazisti provocando un incidente diplomatico con l'Olanda, il firmatario insieme all'ormai scomparso Gianfranco Fini della legge più criminogena nei confronti del consumo di droga di qualsiasi altro paese civile, con la folle equiparazione fra droghe leggere e pesanti, il democratico che voleva impedire la libertà di pensiero agli antiproibizionisti, la belva che disse che Stefano Cucchi era morto perché era solo un tossicodipendente anoressico, l'imbecille che ha sostenuto che le adozioni da parte delle coppie gay favorirebbero la pedofilia, il mostro che ha negato l'evidenza sul caso di Federico Aldrovandi solo per difendere un gruppo di poliziotti picchiatori,  potrebbe essere il nuovo acquisto dell'armata Brancaleone del governo del Presidente.
Chiaro che non farà nulla per nulla. Ce lo ritroveremo Ministro? Immaginate la mirabolante vittoria per il Pd.