sabato 27 luglio 2013

Pd verso il congresso, una saga avvincente come una fiction su Padre Pio

Avvincente come una fiction su Padre Pio, va in onda sui mezzi di comunicazione italiani lo psicodramma a puntate del Pd, partito allo sbando che invece di sciogliersi immediatamente per non provocare altri danni, si arrovella per la scelta del futuro segretario, che non si sa se sarà anche il futuro candidato (perdente) a premier. 
In corsa c'è Matteo "Fonzie" Renzi, l'uomo che vorrebbero vedere volentieri alla guida del partito tutti quelli che hanno votato per Berlusconi (Berlusconi compreso). Il sindaco di Firenze, grande sostenitore di imprenditori fallimentari come Marchionne e studiosi del diritto del lavoro sotto acido, come Elsa Fornero, non si capisce cosa abbia di sinistra, però è ggggiovane e rappresentanta il "Nuovo". 
E già qui siamo messi bene.

 
Il problema è che non si è mica capito chi sarebbero i suoi avversari, magari il superbollito Guglielmo Epifani, ripescato dai pensionati della Cgil, carismatico come un segnale orario, o il già pluritrombato Dario Franceschini, o magari lo stesso Enrico Letta, che prima o poi passerà all'incasso per tutti questi mesi di figuracce fatte sempre dietro alla sua faccia. La possibilità che si faccia avanti qualche altro "nuovo", come Roberto "Dumbo" Speranza, quello a cui stanno antipatici il "giustizialismo" e  "l'antiberlusconismo sfrenato" (dov'è che li vede nel suo partito davvero non è chiaro, potrebbe darci qualche informazione in più?) rende il tutto ancora più thriller
In attesa di Fonzie, che parteciperà solo se sicuro di vincere, per adesso i candidati ufficiali sono tre: Gianni Cuperlo, Giuseppe Civati e Gianni Pittella. Il primo è un dalemiano che si è occupato di comunicazione del partito (un professionista, come si immagina dai risultati) ed è fra quelli che ha subito stoppato l'unica possibilità di fare una cosa seria in questa legislatura, ovvero abolire il Porcellum per tornare alla precedente legge elettorale. L'ha definita una "fuga in avanti", più che altro sarebbe stata un'onesta ritirata. Il secondo è meglio conosciuto come il capo indiano "Tanto tuonò che non piovve", visto che sembra sempre minacciare sfracelli e poi resta lì, bello e tranquillo (e stipendiato). Le sue possibilità di riuscita sono nulle visto che non ha votato la fiducia a Letta nipote e sarà quindi finito nelle liste di proscrizione della Presidenza della Repubblica. Il terzo è un carneade senza speranza attualmente vice presidente vicario del Parlamento Europeo, che perlomeno non ha la faccia di bronzo dei suoi compagni di partito e ha paura che la gente lo vada a cercare con i forconi.
Una saga epica elettrizzante come una soap-opera venezuelana, che nonostante tutto trova largo spazio sui giornali. Sarà perché forse non li compra più nessuno. Se ne saprà qualcosa di più dopo il 30 luglio, la data in cui la Cassazione deciderà le sorti di tutto il baraccone. Perché, come diceva un immenso Corrado Guzzanti nei panni di Ciccio Rutelli, "er paese nun è de destra o de sinistra... er paese è de Berlusconi".

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