mercoledì 25 settembre 2013

La vittoria della Merkel e il paradigma della sinistra divisa

Nel celebrare la schiacciante vittoria del partito di Angela Merkel, qualcuno ha fatto finta di non vedere due palesi evidenze che mettono sotto scacco tutto lo sciocchezzaio dei commentatori politici. Nonostante abbia ottenuto la percentuale di voti più alta di sempre e malgrado lo sbarramento del 5% per eleggere dei deputati, l'allenza di centrodestra Cdu-Csu sarà costretta ad allearsi o con i socialdemocratici dell'Spd o con i Verdi perché anche se solo per 5 seggi non ha ottenuto la maggioranza assoluta. Tutto questo, naturalmente, non rappresenta un problema, visto che la "grande coalizione" è stata sperimentata con successo fra il 2005 e il 2009 e sempre sotto la direzione della Cancelliera. Bastò mettersi d'accordo su un programma condiviso e su rappresentanti condivisi, cosa che è chiaramente impossibile alle nostre latitudini, dove la maggioranza di governo si regge solo sulla difesa a oltranza di un pregiudicato. 
Ma la cosa che fa credere che in fondo davvero tutto il mondo è paese, è un'altra. 
La Merkel ha ottenuto 311 seggi, mentre i socialdemocratici 192. Gli unici altri due partiti che sono entrati nel Bundestag, il Linke (con 63 seggi) e i Verdi (62) sono di sinistra e insieme all'Spd avrebbero 319 seggi e la maggioranza assoluta (anche in termini di percentuale di voti). Solo che, da loro come da noi, la socialdemocrazia sta diventando sempre più il sostegno occulto delle forze conservatrici. E' più facile mettersi insieme al centrodestra che provare a fare qualcosa di sinistra, il che rende esplicita l'inutilità di votarli.
Cosa che infatti avviene sempre meno, sia per l'Spd (fra il 2005 e oggi ha perso oltre il 10%) che per il nostro ineffabile Pd.

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