lunedì 23 settembre 2013

Brigate Rosse, la "bufala doc" buona per tutte le occasioni

A volte questo paese ha qualcosa di meraviglioso. Ricorda tantissimo le repubbliche delle banane sudamericane, dove i servizi segreti potevano darsi alla pazza gioia senza neanche inventarsi qualcosa di credibile, tanto non c'era una magistratura indipendente, una polizia non corrotta o un'opinione pubblica informata a metterli sotto scacco. 
Oggi in quei paesi il vento è fortemente cambiato. Da noi, no.
La Tav Torino-Lione si deve fare. Non perché abbia un senso, o serva davvero a qualcosa, visto che su quella tratta da molto tempo ormai il traffico sia passeggeri che merci è costantemente in calo. Si deve fare perché a quella mangiatoia sono pronti ad accostarsi i soliti amici, le solite società di asfaltatori che spesso sovvenzionano la destra e le solite cooperative che finanziano la sinistra. Perché l'Italia è questo, un gigantesco spreco di risorse per arricchire la stessa ristretta cerchia di malfattori.
Di fronte alla legittima protesta degli abitanti della Val di Susa, il governo non può che rispondere con la violenza, perché con il dialogo non potrebbe mai avere ragione. Centinaia di poliziotti e carabinieri messi a guardia di un cantiere, alla faccia dell'ordine e della spesa pubblici, che hanno attirato come le api sul miele (o le mosche sulla merda, decidete voi) quell'area antagonista europe che ogni tanto fa danni per il gusto di farli. Ma per giustificare l'arrivo dell'esercito (un'altra missione di pace?) ci voleva altro.

E così, ecco rispolverare la sigla delle Brigate Rosse, un usato sicuro, un nome che da tempo non significa proprio nulla, ma ha ancora la capacità di agitare i sonni dei nostalgici delle leggi speciali, peraltro mai abolite. Così l'altro giorno qualcuno passa una bella notizia confezionata a un'agenzia di stampa: le Nuove Br invitano il Movimento No-Tav ad alzare gli obiettivi dello scontro. Apriti cielo. L'indomito Ministro dell'Interno, che è anche vice presidente del Consiglio, sfida i pericolosi "bombaroli" a muso duro. Nelle loro file include anche il povero Stefano Rodotà, le cui parole vengono distorte ad arte per farlo sembrare un fiancheggiatore dei brigatisti.
A scatenare l'inferno è stato un documento firmato da due signori nessuno, tali Alfredo Davanzo e Vincenzo Sisi, membri del sedicente Partito Comunista Politico-Militare, organizzazione scoperta nel 2007 dalla Digos per aver tentato di scassinare senza successo un Bancomat e per aver fatto esercitazioni in aperta campagna con l'utilizzo di un Kalashnikov. Due cani sciolti, in carcere da anni, che ovviamente non rappresentano nessuno. Non solo, il loro documento odora fortemente di bufala, visto che, come ricostruito in modo completo dal blogger Mazzetta, è stato anche copiato da uno scritto pubblicato da una rivista antagonista, che però non ha niente a che fare con le Br.
Tutto questo per consentire al governo di inviare altri 200 militari in Piemonte a partecipare al presepe di Stato, insieme al capo della polizia. E senza che a nessuno scappi almeno da ridere.

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