giovedì 12 settembre 2013

Giuliano Amato, il sorcio continua a prosperare nel formaggio

Lo so già, Giuliano Amato non me lo toglierò mai di torno. La sua visione mi perseguita da quando ero un giovanissimo cronista e passavo le nottate a Palazzo Chigi ad aspettare le sue geniali finanziarie, quelle degli assalti alla diligenza, quelle dove fino all'ultimo secondo c'era la possibilità di infilarci un regalino, una prebenda, uno stanziamento per qualche convento, parrocchia o struttura che servisse a far contento l'elettorato di qualche politico in ascesa. Erano gli anni, fra l'87 e l'89, che oggi vengono ricordati come quelli in cui l'Italia si strinse il cappio al collo eliminando qualsiasi controllo sul debito pubblico. 
L'uomo era assai antipatico e supponente, vice segretario del Partito Socialista, braccio destro di Bettino Craxi, convinto di essere un vero padreterno, in realtà faceva la marionetta come tutti gli altri. Mal sopportava le domande ed era solito ammantare di particolari tecnici le sue spiegazioni, per giustificare il gran casino che stavano combinando lui e il suo degno compare al bilancio, Paolo Cirino Pomicino
Quando Tangentopoli fece crollare tutta l'impalcatura di malaffare che i suoi avevano messo in piedi, Amato - che aveva partecipato alle drammatiche riunioni della segreteria del partito in cui si cercava di fabbricare prove contro i giudici di Milano - divenne addirittura Presidente del Consiglio e anche in questa nuova veste verrà ricordato soprattutto per la drammatica svalutazione della lira del 1992, un altro colpo al cuore di cui ancora portiamo i segni, e per la meravigliosa idea del prelievo forzoso, quando gli italiani si videro rubare i soldi direttamente dal proprio conto corrente. 
Sembrava destinato al dimenticatoio, quando all'improvviso una poltrona concessagli al volo come presidente dell'Antitrust dal primo governo Berlusconi (solidarietà fra vecchi compagni) nel 1994 lo ha mantenuto a galla. Il dottor Sottile ha ricambiato il favore facendo finta di non vedere che il principale intoppo alla concorrenza e al mercato, quello delle televisioni e della pubblicità, era proprio quello del vecchio amico di razzie socialiste.
Nel 1999 un nuovo capolavoro. Massimo D'Alema lo rinomina Ministro del Tesoro, probabilmente per i grandi meriti del passato. La mossa ha un effetto devastante, il centrosinistra perde l'appoggio di Antonio Di Pietro (che aveva la fortuna di ricordarsi bene chi era Amato) e si prepara alla sconfitta del 2001, completando l'opera anche con un annetto del prode Giuliano di nuovo a Palazzo Chigi, per nuovi mirabolanti disastri. 
Finita qui? Macché. Nel 2006, dopo una vittoria risicatissima, Romano Prodi lo mette al Ministero dell'Interno per un bel giro di governo di altri due anni. Nel 2008 annuncia il suo ritiro dalla vita politica, ma intanto si fa nominare presidente dell'Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani, consulente in Italia per la Deutsche Bank e presidente della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa. 
Uno pensa, con una pensione da 31 mila euro al mese gentilmente pagata dai cittadini che nel corso degli anni a contribuito a rendere sempre un po' più poveri, e tutti questi incarichi, si leverà finalmente dalle palle. E invece no.
Ad aprile il suo nome ritorna prepotentemente alla ribalta, come possibile Presidente del Consiglio o addirittura Presidente della Repubblica. Il brivido corre lungo la schiena di molti, ma per fortuna il Pd decide di suicidarsi utilizzando altri sistemi.
Scampato pericolo? Ma neanche per sogno. Oggi Giorgio Napoltano lo ha nominato giudice della Corte Costituzionale. Si vede che chi ha così in spregio la Carta Costituzionale da volerla cambiare assieme a gente come Alfano, Brunetta, Schifani e Quagliariello, ha poca considerazione anche per la Suprema Corte. Intanto, il sorcio - come lo disegnava Forattini mettendogli le orecchie di Topolino - continua a prosperare nel formaggio.

Nessun commento:

Posta un commento