martedì 3 settembre 2013

La leggenda metropolitana del Renzi vincitore

Una delle più grandi balle che politici di tutti gli orientamenti continuano a raccontare, da quando Pier Luigi Bersani ha deciso di suicidarsi seguendo i consigli di un vecchio di novant'anni con uno strano concetto della ragion di Stato, è quella che con Matteo Renzi il Pd avrebbe vinto le elezioni. 
E' noto che il brufoloso sindaco democristiano di Firenze è il candidato preferito dalla destra, perché, in fondo, lui è di destra. Va in pellegrinaggio ad Arcore, stravede per un macellaio finanziario come Marchionne, non aveva una proposta che è una, tranne quella (gli va riconosciuto, vincente) di rottamare tutte le cariatidi del Pd. 
Quando ha corso per le primarie è stato battuto sonoramente, con tanto di frizzi e lazzi sulla sua comparsata alla trasmissione della moglie di Maurizio Costanzo (che fa televisione perché è la moglie di Maurizio Costanzo, ovvero un compagno di loggia di Silvio Banana), nella quale ha pensato di vestirsi da Fonzie, assomigliando tragicamente a Potsie (del quale possiede anche lo sguardo ebete-bovino). 
La sua nomina a segretario, a stare a sentire i vecchi che lui voleva rottamare, avrebbe spaccato il partito e secondo i sondaggi avrebbe perso più voti lui a sinistra che se fosse diventato leader del Pd direttamente Berlusconi.
Adesso il rivoluzionario Renzi gode dell'appoggio di tutti quelli che sperano di tornare a galla, alla faccia del nuovo che avanza. Dietro la sua faccia si nascondono oggi gente come Dario Franceschini, Walter Veltroni, Beppe Fioroni, Piero Fassino e perfino Massimo D'Alema spende parole di endorsement nei suoi confronti. Una ventata di vera e propria aria fresca, per una formazione politica che definire alla canna del gas è un eufemismo. Il rottamatore finirà col fare il restauratore e (volete scommetterci?) con il perdere anche lui le elezioni. 
Perché è questa la missione di ogni bravo leader della sinistra. 

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