mercoledì 6 novembre 2013

Ligresti, la Cancellieri e la destra italiana

Balbettando scuse come una bambina pescata con le dita nella marmellata, la ministra al telefono ha detto che contro di lei è stato usato il metodo Boffo, neologismo con il quale viene stigmatizzata la diffusione di notizie che possono mettere in imbarazzo personaggi potenti. Il problema è che in Italia, se si vuole incastrare qualcuno, il giochino è molto facile. Tutti quelli che siedono su poltrone di comando hanno qualche scheletro nell'armadio, che li rende ricattabili. E la ricattabilità è anche il motivo principale per il quale li hanno messi alla guida del vapore. 
Boffo, giornalista che ha lavorato solamente in testate puramente confessionali (e ora dirige la tv dei vescovi), si è ben guardato infatti dal rendere noti i motivi di quella condanna per molestie che sporca la sua fedina penale (e questo è un fatto), sollevando indignazione solo per l'accusa di essere un omosessuale "attenzionato" dalla polizia (e questa era una balla). E così si va comportando Anna Maria Cancellieri, donna che evidentemente non è lì per caso e sicuramente non è lì per meriti particolari. 

La sora Lella del governo Letta fa parte del cerchio magico della famiglia Ligresti, che negli ultimi quarant'anni ha sparso denaro a destra e a manca (ma molto più a destra). La ministra - che in ogni paese dovrebbe dimostrare di essere al di sopra di ogni sospetto - rivendica l'amicizia con questi personaggi, arrestati in blocco: padre, due figlie e dirigenti "amici" in galera, un altro figlio latitante in Svizzera, beccati mentre avevano prelevato 14 milioni di euro e parlavano di fuga alle Cayman. Come ho avuto modo di scrivere in un altro post dello scorso luglio, Ligresti è un nome assai noto a Milano, anche perché ha oliato le ruote di tutti i partiti, comprese quelle degli incorruttibili camerati dal Msi (i figli adottivi di Giorgio Almirante fecero fallire una concessionaria di auto Lancia a Roma e furono salvati dall'amico Salvatore, che diede loro un'agenzia della Sai). Era la fantastica "Milano da bere" che all'amico della Cancellieri è costata quattro mesi a San Vittore e l'interdizione. 
Ma qui intervenne il soccorso "nero". 
Ligresti è compaesano di Antonino La Russa, ex segretario del Partito Nazionale Fascista locale, e padre del mitico 'Gnazio, che da vecchio picchiatore è diventato ministro, quindi è in grado di aiutarlo e viene subito ricompensato con laute consulenze affidate ai figli. Quindi nuovi giri di giostra, fino all'epilogo della retata finale. 
Chiunque si troverebbe in imbarazzo anche solo a conoscere gente del genere. Non la nostra Anna Maria, candidata gradita al partitucolo di La Russa (che fa finta di essere all'opposizione dopo aver ottenuto qualche seggio solo grazie all'apparentamento con il Pdl). Il rude 'Gnazio non ne ha mai fatto mistero: la Cancellieri era il loro nome preferito, una garanzia. In un'intervista al Secolo d'Italia all'epoca del governo Monti, La Russa definì il prefetto Cancellieri "molto vicina al nostro ambiente”. Quale ambiente? Quello dei missini milanesi e della loro ridicola "maggioranza silenziosa"? O quello dell'amico Ligresti?
Tutta la storia è servita se non altro a spogliare ancora una volta il Re. Anche la Cancellieri fa parte di un delicato sistema di pesi e contrappesi, attraverso il quale una maggioranza non eletta e semigolpista continua a vivacchiare in modo indegno. Lei è lì perché Alfano doveva andare agli Interni e perché ci voleva una persona gradita alla destra alla Giustizia. Se la sfilano viene giù l'impalcatura.

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