venerdì 29 novembre 2013

Berlusconi, la magistratura politicizzata è quella che ancora non lo arresta

Di una cosa bisogna dare atto al decaduto Silvio B.: in Italia la magistratura è davvero politicizzata. Non si potrebbe altrimenti spiegare il fatto che, dopo quattro mesi da una condanna definitiva al carcere, nessun  magistrato abbia ancora spiccato un mandato di cattura. Sappiamo benissimo tutti che una cosa del genere non sarebbe possibile in nessun altro paese del mondo e per (quasi) nessun altro cittadino italiano. Da noi i magistrati rispondono spesso a logiche politiche, le solite, quelle della repressione nei confronti di chi non ha voce e della pretesa di non dover rispettare le leggi di pochi e inguardabili mandarini. 
Che cosa aspettano le Procure? Il decaduto non può non finire in galera, malgrado i suoi quasi ottant'anni, visto che ormai sta inanellando un processo dopo l'altro e una sentenza dopo l'altra, che annulleranno anche i benefici della legge da lui stesso approvata per salvare l'amico Cesare Previti, che almeno un paio di giorni a Rebibbia se li è fatti ed è poi rimasto a lungo ai domiciliari. 
Sia chiaro che io non ho alcuna particolare fede in quella che un tempo, con un termine che ammetto io stesso è ormai un po' obsoleto, sarebbe stata definita "legge borghese". Ma come si fanno a giustificare le botte, gli arresti sommari, i morti ammazzati perché pescati a farsi una canna, le leggi sulla recidiva approvate dagli stessi politici truffatori che conosciamo benissimo e che hanno inchiodato a lunghissimi periodi di carcere una marea di piccolissimi delinquenti, se poi alla prima occasione in cui a essere condannato è l'uomo più potente d'Italia fanno tutti pippa, dai giudici agli sbirri? 
La chiamano ragion di Stato. E' la colossale balla con la quale in questo paese si sono giustificate le cose più orrende. E che Silvio sia ancora a piede libero è la dimostrazione lampante che la giustizia non è mai stata uguale per tutti. 

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