lunedì 28 ottobre 2013

L'ossessione delle privatizzazioni del Paperone Saccomanni

Il ministro del Tesoro, Fabrizio Saccomanni, è un amante delle esternazioni. Personaggio che ha sempre lavorato nell'ombra per conto di precisissimi poteri forti, ora che è parte del governo dell'ammucchiata generale non si contiene e parla. Oltre al suo mantra preferito della "ripresa dietro l'angolo", puntualmente smentito da tutti i dati statistici ufficiali, c'è quello delle privatizzazioni. Già lo scorso luglio aveva provocato un mezzo maremoto dichiarando a Bloomberg che si sarebbero svendute Eni, Enel e Finmeccanica per fare un po' di cassa. Subissato di insulti per aver detto una cosa che non era stata discussa con nessuno all'interno della ridicola maggioranza che sostiene anche lui, ha fatto passare qualche mese e ci è tornato. Stavolta niente testate gradite alla business community, ma il salotto del milionario Fabio Fazio, dove ancora una volta ha ripetuto il suo concetto da ragioniere: vendere le aziende di Stato per ridurre il debito, infilandoci pure la Rai
Saccomanni è un giovane virgulto di 71 anni (il ministro delle Finanze svedese, considerato il miglior d'Europa, ne ha 45) e sembra il perfetto identikit di chi si schiera dalla parte dei soldi. Laureato alla Bocconi, ha lavorato come rappresentante della Banca d'Italia presso il Fondo Monetario Internazionale, la Banca centrale europea, la Banca dei Regolamenti Internazionali e l'Unione Europea, ovvero tutti i principali grassatori del cittadino medio. Un paperone di Stato che da direttore della banca centrale guadagnava oltre 830 mila euro l'anno e che quando ha dovuto mettere on line la propria dichiarazione dei redditi ha fatto l'indiano, senza includere quelli derivanti dalla pensione di cui già gode.  Tanto per fare un esempio, il più grande banchiere del mondo, il presidente della Fed (la banca centrale degli Stati Uniti) Ben Bernanke ha uno stipendio di meno di 200 mila dollari l'anno.
Ecco, l'emblema dell'Italia che mangia a sbafo sulla pelle degli altri, cumulando stipendi senza alcuna giustificazione, ci dice che dobbiamo svendere i gioielli di famiglia per colmare il buco che quelli come lui hanno scavato nel corso degli anni (è entrato in Banca d'Italia nel 1967 e tralasciamo che cosa è stata la Banca d'Italia in questi ultimi cinquant'anni). Parlare di privatizzazioni qui da noi significa intraprendere un cammino ben preciso: regalare le aziende ai privati, assistere impotenti a una progressiva perdita di posti di lavoro e competitività e poi spendere un sacco di soldi per ricomprarle prima che falliscano del tutto (vedi Telecom e Alitalia). 
Chi non si pone il problema di che fine faranno Eni, Enel, Finmeccanica e la stessa Rai è in malafede o è stupido. Saccomanni non è stupido, purtroppo.

2 commenti:

  1. E' scientificamente provato che "la privatizzazione dei mezzi di produzione è un furto" in quanto tale pratica ideologizzata non trova riscontro con la logica economica del mercato.

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    1. I bocconiani fondomonetaristi non hanno nessun interesse per le logiche economiche del mercato, che se fossero applicate sul serio avrebbero cancellato da tempo tutti i loro amici e finanziatori.

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