lunedì 24 giugno 2013

Carfagna ingrata: Berlusconi condannato a sette anni per Ruby non può contare sulla prescrizione

L'ingratitudine è una gran brutta bestia. Pensate un po' a Mara Carfagna, bellezza da calendari per camionisti, entrata in politica e diventata addirittura ministro grazie a quel sant'uomo di Silvio Berlusconi. Nel tentativo di darsi un tono, nel nulla generale che ha caratterizzato il suo mandato, come responsabile delle Pari Opportunità (in effetti lei deve tutto alle pari opportunità) ha firmato una legge che ha inasprito le pene per chi va con una prostituta minorenne, anche senza sapere che si tratta di una minorenne. Non so se vi ricordate la campagna che parlava anche di arresto per gli "utilizzatori finali" delle prostitute di strada, un panegirico di retorica pieno di quel ridicolo di cui si copre chi pensa di combattere certi fenomeni solo con la repressione. 
Tutto poteva immaginare la bella Mara, meno che la cosa potesse ritorcersi contro il suo pigmalione, che oggi si è beccato sette anni di carcere (uno in più di quanto richiesto dalla Procura) e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici per concussione e prostituzione minorile in primo grado per il celeberrimo caso Ruby. Qui la prescrizione non potrà salvarlo, visto che per una condanna definitiva c'è tempo fino al 2020. 
Urge sempre più l'amnistia. Oppure addio Letta. Nella maggioranza, c'è chi parla già di un possibile salvacondotto giudiziario. È il ciellino Mario Mauro, ex Pdl approdato in Scelta Civica, secondo cui sarebbe neccessario un "provvedimento di amnistia". In un'intervista al Corriere della Sera, il ministro della Difesa, proprio quello che sostiene che rinunciare agli F-35 per dare i soldi alla scuola è demagogia, ha avuto il coraggio di dire che "una stagione di riconciliazione comincia rimuovendo tutte le cause che fanno pensare alla politicca come a una dimensione di scontro, senza esclusione di colpi".

Ps: imperdibili i commenti su Sky di due vecchi arnesi del "giornalismo all'italiana", quello prono ai voleri dell'editore, come Giuliano Ferrara, il direttore di una testata che non c'è, e Paolo Guzzanti (il meno intelligente della famiglia) che parlano di sentenza politica e di "Milano come Tehran", o del vecchio compagno di loggia P2 Fabrizio Cicchitto, che tuona contro "una sentenza da tribunale speciale". Si capisce che gli prudono le mani a tutti, ma che ancora non hanno ricevuto gli ordini di scuderia.
Che farà Silvio?

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