martedì 3 dicembre 2013

Sfruttamento del lavoro, i cinesi siamo noi

C'è voluto un rogo e la morte di sette poveri disgraziati per riportare sulle prime pagine dei giornali la storia dei cinesi di Prato, che nella ex capitale del tessile italiano lavorano ormai da moltissimi anni arricchendo le tasche di proprietari di capannoni, poliziotti che intascano tangenti per chiudere tutti e due gli occhi sull'immigrazione clandestina e grandi marchi dell'abbigliamento, che sfruttano una produzione di fascia bassa all'interno di un paese dell'Unione Europea.
Il sindaco della città è naturalmente un imprenditore tessile, che nella "rossa" Toscana è uno dei pochi che ha preso il potere grazie al Popolo delle Libertà, dell'Unione di Centro e perfino della Destra di Storace. Ha vinto le elezioni sbandierando il pericolo giallo. Era il proprietario del marchio Sasch ed è indagato per bancarotta fraudolenta. Oggi questo campioncino della legalità starnazza contro i cattivissimin cinesi che legano le persone ai macchinari per farle lavorare di più, come se fosse un distinto extraterrestre sceso direttamente da Marte. Però lui, travolto da una montagna di debiti, ha dovuto vendere la ditta ai russi.

Si stracciano le vesti un po' tutti, perfino il Presidente dal monito più veloce del West, come se la situazione non fosse dovuta al fatto che la mancanza di scrupoli dei cosiddetti imprenditori cinesi va a braccetto con la mancanza di scrupoli dei nostri cosiddetti imprenditori e di coloro che dovrebbero controllare le inadempienze.
Da anni la magistratura si occupa di poliziotti, carabinieri e funzionari che proprio a Prato si sono fatti pagare ingenti mazzette per far finta di nulla. E' di tre anni fa un'inchiesta del New York Times (perché i giornali stranieri le fanno, le inchieste) che denunciava il problema ed e' dal 2001 che il numero di imprese italiane registrate a Prato si è dimezzato. Poco male, perché il distretto si è rivelato negli anni una macchina da soldi che ha venduto sui mercati di mezza Europa quantità incredibili di un "made in Italy" griffato, o tarocco, comunque illegale. 
I cinesi, come al solito siamo noi.

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