lunedì 30 dicembre 2013

Fonzie-Renzi: rimpasto sì, rimpasto no, se famo du' spaghi?

Non che nutrissi particolari speranze nei confronti del nuovo leader della sinistra parruccona, Matteo Renzi detto "Fonzie", che da quando è stato eletto da un paio di milioni di illusi sta dimostrandosi per quello che è veramente: un simpatico ragazzotto dell'Azione Cattolica cresciuto a pane e gesuitismo. Meravigliosa la scelta della compagnia di allegri cazzari messa nella direzione del Pd (circondarsi di stupidi è una vecchia strategia, anche se non sempre paga), eccezionale la proposta del job-act (più che altro un blow-job con tanto di ingoio nei confronti degli industriali) che di fronte alla disoccupazione - pensate un po' - rispolvera l'abolizione dell'articolo 18 (ma non avevano portato milioni di persone in piazza per non farlo abolire?), ora arriva il "rimpasto", altro termine tipico dei bei tempi marci che non se ne sono mai andati. 

Sabato mattina Repubblica apriva il giornale con una notizia di quelle che più telefonate non si può: Fonzie avrebbe detto ai suoi collaboratori che il governo di Enrico Letta così come è non va bene. Ora il Pd ha una nuova leadership, il Nuovo centrodestra di Alfano vale poco più di mezza sega, e quindi la distribuzione delle poltrone va riconsiderata, stile manuale Cencelli. 
Nessuno smentisce, anzi. Passa una giornata di dichiarazioni a tappeto sul rimpasto, con tutti i renziani ingolositi dal possibile premio di uno strapuntino. Poi, il colpo di scena. Fonzie ci ripensa come i cornuti e decide di parlare con la Stampa e dire che a lui la parola rimpasto non l'ha mai pronunciata e che gli fa anzi anche un po' senso. 
Da standing-ovation la prosa del giornalista che scrive il pezzo ("Matteo Renzi al telefono, sei del pomeriggio, giusto così, per uno scambio d’auguri. Auguri per un 2014 migliore del 2013, naturalmente"), perché si sa - qui in Italia - i giornalisti chiamano i politici per fare gli auguri. Poi però l'affare si fa più interessante. Fonzie attacca a testa bassa l'ex delfino di Berlusconi, Alfano e il nipote del consigliori di Berlusconi, Letta: "È vero che loro provengono da una generazione più giovane di quella che li ha preceduti, ma io non voglio assolutamente essere accomunato a loro", perchè lui - si sa - ha ottenuto l'investitura popolare (come se le primarie dei gazebo - prima delle quali c'è stato il suq dei tesseramenti - potessero essere considerate un'investitura popolare). 
Ora spero che fra voi lettori non ci sia qualcuno che spera che Renzi faccia cadere il governo e porti il paese alle urne. Poi dovrebbe litigare con Napolitano e magari gli toccherebbe anche governare. Un problema che fin qui non si è posto. Per ora si limita ad alzare il prezzo, dimostrando ancora una volta di essere il perfetto democristiano. Quasi più di Letta.


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