giovedì 16 maggio 2013

D'Alema e Bersani come Totò e Peppino

A metà fra la banda degli onesti e Totò e Peppino divisi a Berlino, i due ex amici Pier luigi Bersani e Massimo D'Alema continuano a regalarci perle in serie sulla loro scarsa abilità di capirci un tubo di quello che accade loro intorno. L'ultima proprio oggi: il lider maximo, prima del disastro combinato dal Pd per la corsa al Quirinale avrebbe suggerito allo smacchiagiaguari di farsi da parte e di proporre a Grillo il nome di Stefano Rodotà per la Presidenza del Consiglio, ottenendo un netto rifiuto. 
La portavoce del rottamato ex inventore della Bicamerale ha detto che nell'articolo riportato da un quotidiano ci sono frasi virgolettate che D'Alema non ha mai pronunciato. Una smentita alla D'Alema, una sostanziale conferma che uno dei bastoni più grandi fra le ruote della formazione di un governo che avrebbe definitivamente affossato il Caimano è stata l'ostinazione del suo segretario, che non si voleva proprio rassegnare al fatto che non sarebbe andato a Palazzo Chigi. 
Sarebbe servito a qualcosa? Certo, quantomeno ad evitare la schizofrenia attuale di questo ex partito che mentre governa con Berlusconi, manda avanti il suo capogruppo al Senato a dire che il re del bunga-bunga è ineleggibile. Uno sdoppiamento della personalità da manuale di psichiatria. 
O da comica finale.

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