martedì 18 febbraio 2014

Un governo in Barca e il triste ruolo di vassallaggio della stampa italiana

I principali giornali italiani hanno dimezzato le copie negli ultimi anni, ma i loro direttori sono rimasti in sella al massimo scambiandosi la poltroncina. Dallo scoop di Alan Friedman sulla fine del governo Berlusconi alla telefonata-scherzo della  Zanzara a Fabrizio Barca, ormai dovrebbe essere chiaro a tutti anche perché. 
Sarà stucchevole ripeterlo, ma in un "paese normale" le dichiarazioni dell'economista ex Pci, pressato dall'editore Carlo De Benedetti affinché accettasse il posto di Ministro dell'Economia offerto da Fonzie-Renzi, avrebbero provocato un corto circuito immediato, con sciopero dei giornalisti della testata e immediato stop a tutte le manovre di palazzo che sta mettendo in scena in queste ore il sindaco di Firenze. 
Invece, Repubblica, Corriere della Sera e La Stampa, che ormai scrivono per i loro padroni e referenti politici e basta, continuano anche oggi a incensare l'iperattivismo peraltro già in affanno di Turbo Renzi e il suo grande profilo di neo statista. 
Restano come un macigno, ma che non sembra interessare nessuno, le parole di Barca sul rottamatore toscano. "E' una cosa dove non c'è un'idea, c'è un livello di avventurismo. Non essendoci un'idea, siamo agli slogan. Questo mi rattrista, sto male, sono preoccupatissimo perché vedo uno sfacimento veramente impressionante". Quanto a De Benedetti, che nel 2011 tirava la volta al sobrio Mario Monti con paginate agiografiche di Repubblica come se piovesse, Barca non va neanche qui per il sottile: "Lui non si rende conto che io più vedo un imprenditore dietro un'operazione politica, più ho conferma di tutte le mie preoccupazioni. Si fa sentire, con un forcing diretto di sms, attraverso un suo giornalista... Questi sono i metodi". 
Complimenti a tutti. 

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