mercoledì 5 novembre 2014

Made in Italy, per reggere la "delocation" dovremmo reintrodurre la schiavitù

Fra le tante bugie che il nuovo uomo solo al comando del nostro paese racconta, quella del Made in Italy e degli imprenditori che rilanceranno l'economia è la più sanguinosa di tutti. Mai un Presidente del Consiglio aveva flirtato in modo così scandaloso con una classe imprenditoriale stracciona e poco propensa a pagare salari adeguati e tasse, nascondendosi dietro la progressiva delegittimazione dell'unico sindacato, la Cgil, che ancora non si è iscritto a busta paga della Confindustria
Contestare le riduzioni di paga, la flessibilità smodata, i licenziamenti e il crollo del potere di acquisto delle famiglie è considerato dal boy-scout Matteo Renzi un reato di lesa maestà. 


Poco importa se il suo nuovo amico Sergio Marchionne (un amore sbocciato all'improvviso) ha messo in soffitta gli investimenti del fantomatico progetto "Fabbrica Italia" per concentrarsi sugli Stati Uniti e desertificare un intero settore in tutto lo Stivale, dopo che l'azienda torinese è rimasta in vita nel corso dei decenni solo grazie ai soldi pubblici. Poco importa che il ministro dello Sviluppo economico, l'imprenditrice Federica Guidi, sia la titolare di un'azienda (naturalmente quella di papà), la Ducati Energia, che vive anche di commesse pubbliche (produce le macchinette elettriche dei postini e le biglietterie automatiche all'interno degli autobus, che manco danno il resto) e nonostante abbia registrato un fatturato record nel 2012, non ha pagato alcun premio ai lavoratori. Il contratto aziendale è fermo dal 2007 e la società produce negli stabilimenti in Croazia, Romania, India e Argentina, limitando alla sede di Bologna solo lo sviluppo di prototipi, la progettazione e la direzione dell’attività. Lo stabilimento in Croazia, ça va sans dire, è stato aperto grazie a un contributo di 740 mila euro della Simest, finanziaria pubblica della Cassa Depositi e Prestiti, che "assiste" le imprese che "investono" all'estero e sotto le finestre della Guidi, in via Molise, ci sono quotidiani presidi di lavoratori rimasti senza stipendio di fabbriche di tutta Italia, ricco nord compreso. Poco importa se stanno chiudendo tutte le fabbriche dell'indotto dell'abbigliamento perché grandi marchi come Benetton preferiscono produrre in Bangladesh, dove dopo il crollo del Rana Plaza tutti hanno potuto verificare le condizioni di chi vi lavorava, e con lui altri grandi marchi, come la Moncler, che a parte la sofferenza inflitta gratuitamente alle oche per le loro piume, fa pagare ai gonzi roba scadente come superlusso
La lista è infinita. E tradisce il vero volto vampiresco di una classe italiana difficile a morire, perché da sempre puntellata dal potere politico, al quale non ha fatto mai mancare gli adeguati finanziamenti. In Italia un lavoratore costa fra i 18 e i 20 euro all'ora, in Croazia tre euro e in Romania addirittura uno, con turni 24 ore su 24. C'è poco da discutere di riforma del mercato del lavoro: o Renzi reintroduce la schiavitù, magari grazie al sostegno dei sindacati "amici" come Cisl e Uil, pronti a firmare la qualunque, oppure sarà molto difficile vincere questa guerra fra poveri. 

2 commenti:

  1. attilio cece05/11/14, 17:56

    la mia 'consolazione' è che disoccupati, sottoccupati e lavoratori, pagando ogni giorno sulla propria pelle il prezzo di questa vuota annuncite, si stiano rendendo conto della disonestà intellettuale di renzi.
    E il prossimo anno sarà ancora peggio visto che, al di là delle vuote fanfaronate governative (stupidi o disonesti?), ci sarà ancora 'crescita negativa'

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  2. C' é poco da sperare!
    Con una classe dirigente pervasa da una mentalità di CORRUZIONE a tutti i livelli e di CLIENTELISMO tipico nostrano non si andrà da nessuna parte.
    Occorre una cultura nuova un nuovo modo di concepire la società, la civiltà, la convivenza, tutte cose che hanno un prezzo da pagare; ora, secondo me, più passa tempo più sarà alto quel prezzo.

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